giovedì 27 settembre 2012

Lezioni di letteratura italiana 3 ASA



Sono disponibili i files in formato pdf delle lezioni di letteratura italiana per la classe 3 ASA. Per scaricarle è sufficiente cliccare sopra il link e scegliere nella pagina che si apre l'opzione download.




La tregua di Primo Levi



Forse la guerra non finisce quando gli uomini decidono di deporre le armi, quando sembra che finalmente si apra la speranza e il desiderio di un nuovo giorno di pace e libertà e la vita  si fa più concreta , forse la guerra non finisce mai e a quella sanguinosa e combattuta sui campi di battaglia se ne sostituisce un'altra non meno faticosa, quella quotidiana per la sopravvivenza. “Guerra è sempre”, dice il Greco , uno dei personaggi più curiosi di quella straordinaria galleria di tipi umani che è la tregua di Primo Levi, romanzo che parla di pace con gli occhi e la mente di chi ha ancora nel cuore la guerra. Scritto nel 1962 vinse il premio Campiello nel 1963, si tratta senza dubbio  della prova di un  narratore maturo , più  letterariamente scaltra , rispetto a “Se questo un uomo” segnata tuttavia  dalla stessa urgenza di denuncia sociale e umana, dal bisogno di dire e fissare sulla pagina le parole di un'esperienza affinché questa non venga dimenticata. La tregua è il romanzo del ritorno, di questo moderno Ulisse che dopo essere passato attraverso l'inferno di Auschwitz si trova a dover affrontare il Purgatorio della riconquistata libertà,  e  peregrina con mezzi di fortuna attraverso l'Europa dell'est per otto lunghi  mesi fino ad arrivare alla fine in Italia. La tregua è anche uno straordinario spaccato di umanità postbellica. Quando diventa un'urgente impellenza sopravvivere sgorga tra gli uomini di varie nazioni e di diverse culture quel sentimento di condivisione che si chiama solidarietà, sentimento che lega e rende vicino anche chi fino a pochi mesi prima era considerato con diffidenza straniero o nemico.  Il ritorno allora deve essere inteso non solo come cammino nello spazio sterminato e senza confini della steppa russa o in quello più umano della pianura polacca , ma come travaglio interiore, lotta contro i ricordi, ricerca della propria persona, dell'integrità umana calpestata ed avvilita. "I mesi or ora trascorsi, pur duri, di vagabondaggio ai margini della civiltà, ci apparivano adesso come una tregua, una parentesi di illimitata disponibilità, un dono provvidenziale ma irripetibile del destino";scrive il narratore , la libertà è il dono di uno stacco tra ciò che era rappresentato dall'inferno del lager e ciò che invece è il ritorno alla "normalità" conquistata e assaporata a poco a poco nel corso di un viaggio di circa cinquemila chilometri in quasi nove mesi, per riconquistare la vita. 
Durante questa odissea c'è chi intraprende la strada del commercio per procurarsi del denaro con il quale sopravvivere come il Greco, un ebreo di Salonicco i cui attributi fisici lo rendevano simile "ad un uccello notturno sorpreso dalla luce" e il cui ideale di vita si ispira ad un codice anarchico e mercantile fondato su pochi principi fondamentali fra cui quello basilare consiste nel credere fermamente che "l'uomo è lupo all'uomo", oppure c'è chi ,come Cesare, aderisce alla vita e al mondo con una furbesca curiosità contadina . "Era un figlio del sole, un amico di tutto il mondo, non conosceva l'odio né il disprezzo, vario come il cielo, festoso, furbo e ingenuo, temerario e cauto, molto ignorante, molto innocente, e molto civile"dice di lui il narratore . Tuttavia tutti nello stesso tempo, greci , polacchi, italiani, tedeschi, uomini e donne si mescolano si aiutano si compatiscono ritrovano il senso dell'essere tornati alla vita , del sentirsi di nuovo delle persone con sentimenti, emozioni, desideri. Levi è un grande osservatore e ritrattista di uomini, luoghi, animali, oggetti. Il suo stile è una tenaglia, che stringe il massimo dell’espressività in una morsa di concisione limpido e concreto, sempre aderente alle cose, ma anche con una capacità non comune di riflettere sulle parole, sugli uomini e sul loro mondo. Un romanzo agile e accattivante , un'opera  senza dubbio da rileggere e da riconsiderare nel vasto panorama della letteratura italiana postbellica.
Mauro

lunedì 24 settembre 2012

Lezioni di italiano classi prime



Sono disponibili i materiali delle lezioni di italiano del modulo di inizio anno scolastico per le classi 1 BL e 1 CL. Cliccando sui i link sottostanti potrete accedere ai files delle presentazioni degli argomenti trattati in classe in formato pdf.





La comunicazione http://www.mediafire.com/view/?22mbo2hap7cdtg3
L'accento http://www.mediafire.com/view/?rla4nppbynzke4a
Errori ortografici http://www.mediafire.com/view/?fgd5fmqrg61sbcr
Analisi logica http://www.mediafire.com/view/?x9bszyxjs47vjx2
Storia della lingua 1 http://www.mediafire.com/view/?xgutufg65pixa16
Storia dellalingua 2 http://www.mediafire.com/view/?usr6gkrf16n3bpw

venerdì 21 settembre 2012



Mi sono interessato di recente all'opera di Umberto Galimberti e vorrei esporne i principali contenuti in quanto ritengo che le sue riflessioni relative al rapporto tra scienza , tecnica e morale siano in grado di farci capire meglio il modo in cui viviamo  e ci permettano di conservare nei suoi confronti  un approccio critico e attivo e non supinamente e ideologicamente passivo. Nelle sue opere Galimberti sostiene che nelle condizioni attuali l’uomo non è più al centro dell’universo come intendeva l’età umanistica: tutti i concetti chiave della filosofia (individuo, identità, libertà, salvezza, verità) dovranno essere riconsiderati in funzione della società tecnologica attuale. 
Infatti la tecnica è secondo il filosofo il tratto comune e caratteristico dell’occidente. La tecnica è il luogo della razionalità assoluta, in cui non c’è spazio per le passioni o le pulsioni, è quindi il luogo specifico in cui la funzionalità e l’organizzazione guidano l’azione. 
Noi continuiamo a pensare la tecnica come uno strumento a nostra disposizione, mentre la tecnica è diventata l’ambiente che ci circonda e ci costituisce secondo quelle regole di razionalità (burocrazia, efficienza, organizzazione) che non esitano a subordinare le esigenze proprie dell’uomo . Tuttavia ancora non ci rendiamo conto che il rapporto uomo-tecnica si sia capovolto, e per questo ci comportiamo ancora come l’uomo pre-tecnologico che agiva in vista di scopi iscritti in un orizzonte di senso, con un bagaglio di idee e un corredo di sentimenti in cui si riconosceva. Ma la tecnica non tende a uno scopo, non promuove un senso, non apre scenari di salvezza, non redime, non svela verità: la tecnica funziona e basta. 
Il punto cruciale sta nel fatto che tutto ciò che finora ci ha guidato nella storia (sensazioni, percezioni, sentimenti) risulta inadeguato nel nuovo scenario. Come"analfabeti emotivi" assistiamo all'irrazionalità che scaturisce dalla perfetta razionalità dell'organizzazione tecnica, priva ormai di qualunque senso riconoscibile. Non abbiamo i mezzi intellettuali per comprendere la nostra posizione nel cosmo, per questo motivo ci adattiamo sempre di più all'apparato e ci adagiamo sulle comodità che la tecnica ci offre. 
Inadeguato non è solo il nostro modo di pensare, inadeguata è anche l’etica tradizionale le diverse etiche classiche, infatti, ponevano l’uomo al centro dell’azione Ma oggi questo è smentito dai fatti . L’uomo è ciò di cui la tecnica si serve per funzionare. La scienza , da quando è al servizio della tecnica e del suo procedere, non è più al servizio dell’uomo, piuttosto è l’uomo al servizio della tecno-scienza. L’etica tradizionale , di fronte a questo nuovo scenario diventa pat-etica e celebra tutta la sua impotenza. Oggi siamo senza un’etica che sia efficace per controllare lo sviluppo della tecnica che, come è noto, non tende ad altro scopo che non sia il proprio potenziamento. 
Tutto nella nostra vita quotidiana rientra nel sistema tecnico, qualsiasi azione o gesto l’uomo compie ha bisogno del sostegno di questo apparato. Ormai viviamo infatti all'interno di un paradosso , se l’uomo vuole salvare se steso e il pianeta dalle conseguenze del predominio della tecnica (inquinamento, terrorismo, povertà, etc.) lo può fare solo con l’aiuto della tecnica: progettando depuratori per le fabbriche, cibi confezionati, grattacieli antiaerei e così via. Il circolo è vizioso e uscirne, se non impossibile, sembra improbabile, visto soprattutto la tendenza delle società occidentali. In questo senso va recuperato il valore umanistico della scienza: la scienza al servizio dell’umanità e non al servizio della tecnica. 
Il valore più profondo del pensiero di Galimberti consiste, appunto,in questo tentativo di fondare una nuova filosofia che ci consenta, se non di dominare la tecnica, almeno di evitare di essere da questa dominati.