lunedì 28 gennaio 2013

Raffaello verso Picasso

Oggi abbiamo deciso di andare a vedere la tanto ammirata e chiacchierata mostra “Raffaello verso Picasso” e di scrivere questo articolo per raccontare le nostre impressioni. Questa mostra è stata allestita nella Basilica di Vicenza, storico monumento progettato dal famoso architetto veneto Andrea Palladio, celebre  anche per molte realizzazioni di magnifiche e maestose ville nel territorio veneto . Alla basilica sono da poco terminati i lavori di restauro; durante i quali è stato pulito il marmo esterno ridando all'edificio la sua originale lucentezza . L'imponente mole dell'edificio con la sua rinascimentale bellezza e la sua armonia accoglie infatti  il visitatore con discrezione già  al suo ingresso. I quadri in esposizione sono stati divisi in otto sale, due per ogni sezione, in totale ci sono 81 dipinti. I temi principali della mostra sono stati messi in evidenza dallo storico dell'arte Marco Goldin , ciò che questa intende appunto “mostrare” è il sentimento religioso, la nobiltà del ritratto borghese e nobiliare dal Quattrocento al Novecento per sottolineare  il cambiamento di pensiero dell'arte figurativa in questi secoli . 
Nelle varie stanze della Basilica palladiana sono state esposte opere di diversi artisti. Appena entrati ci si trova all'interno della prima sezione che parla del sentimento religioso "la grazie e l'estasi" . E' una parata di figure tratte dal Nuovo Testamento e dalle storie dei santi, dove si confondono smorfie di dolore e suadenti bellezze. Ci sono le "Marie" di Beato Angelico, Lippi, Mantegna, Crivelli, Guercino, Tiepolo, e la cena in Emmaus di Tintoretto, le "Crocifissioni" di Giovanni Bellini e Veronese, la vita di Cristo di Botticelli, il monaco inginocchiato di El Greco e quello di Manet, fino al teatrale strazio di sant’Andrea di Ribera. Tocca poi alla nobiltà del ritratto, sezione che offre una panoramica di principi e principesse, entourage di corti e regni. Dai dogi veneziani di Gentile Bellini e Tiziano alle autorità di Olanda e Fiandra rese memorabili dall'estro raffinato dei loro artisti.Nella quinta e sesta stanza troviamo: Manet, Van Gogh, Renoir, Gauguin, Cézanne e Monet qui si può vedere e analizzare il rapporto tra natura e pittura,mentre nelle ultime due viene trattato il Novecento attraverso quadri di Munch, Picasso, Matisse, Modigliani, Freud, Balthus, Antonio Lopez Garcia a cui si aggiungono anche autori americani poco conosciuti come Sargent. 
Questa esposizione non vuole sottolineare la storia del ritratto, anche se questo è il tema principale, ma il significato dello sguardo “Lo sguardo è una meravigliosa complessità, e per questo ho voluto dedicarvi una mostra” afferma il curatore Marco Goldin . Da uno sguardo si possono cogliere sentimenti, impressioni, stati d'animo, i caratteri dei personaggi descritti dai pittori . C'è bisogno di raccontare i pensieri, quelli di soggetti seicenteschi , ma anche di quelli più all'avanguardia del Novecento. 
Durante l'ascolto dell'audioguida ci  sono stati molto utili i dettagli e le informazioni dello storico per comprendere il percorso della mostra. Comunque anche chi non era dotato di audioguida poteva agevolmente seguire il significato delle opere in quanto sulle pareti erano stampati dei commenti introduttivi agli argomenti trattati nelle diverse sezioni . Si consiglia di fare una visita a questa  mostra vicentina a tutti coloro che  vogliano sapere di più sulla storia del nostro passato. È un'esposizione davvero interessante, coinvolgente. Vale la pena andare a vederla perché non sempre abbiamo l’opportunità di trovarci davanti a queste incantevoli opere così importanti per la storia del nostro passato.

Basso Federica
Baggio Maria Vittoria

domenica 20 gennaio 2013

"Rojo" di Giorgio Canali e i Rossofuoco



Ogni volta che ascolto Giorgio Canali, probabilmente l’ultimo rocker che ci sia rimasto (altro che quelli da Festivalbar e adunate oceaniche), penso a un uomo che è passato attraverso tutte le cadute e resurrezioni, che ha superato la caduta del Muro di Berlino , dell’Urss, del Socialismo, che ha visto morire le ideologie, le idee giù giù fino alla morte del pensiero tout-court. Ecco Giorgio Canali ha visto tutto questo, e il suo viso di cinquantenne ne porta i segni ma lo spirito no, quello ancora ruggisce dentro e fuori. Quando ascolti un disco come “Rojo” riesci finalmente a riconciliarti con la banalità di tanta musica italiana festivaliera o canzonettistica che si ascolta in radio o in televisione in questi anni così grigi e deprimenti dal punto di vista dell'evoluzione del pensiero musicale, e non solamente di quello . Le canzoni sono qualcosa di più che semplici melodie da fischiettare mentre si guida un'auto o sotto la doccia , c'è dietro qualcosa di più, qualcosa di diverso: un pensiero. Quella  una rabbia e quella  voglia di cambiare che solo il rock riesce ad esprimere in maniera così efficace e potente . “Rojo” ti entra sotto la pelle , si imprime nel sangue come una ferita e nel medesimo tempo ti tocca il pensiero e ti impone il dovere  di meditare . Un disco fatto di malinconie e di rabbie, di ricordi e di voglia di bestemmiare contro una società omologante squallida e teledipendente , un disco contro l'idiotismo di massa e i suoi interessati cantori e tutori che sfoggia un sound rock  sontuoso come non si sentiva da tempo in un disco italiano, con una batteria potente e ritmata e le chitarre la fanno da padrone delineando atmosfere ora soffici e leggere ora dure ed arrabbiate
Registrato a Bassano del Grappa con il supporto di Stewie dal Col e di Marco Greco alle chitarre , di Luca Martelli alla batteria, e Giovanni Fanelli , al basso il cd prende il volo già dalla canzone iniziale: “Regola #1” che esprime la voglia di ribellarsi ma anche la consapevolezza che ogni ribellione viene in qualche modo omologata dal sistema e ridotta a puro spot pubblicitario Il pezzo dà in qualche modo il tono al lavoro che accende poi ulteriori micce con “Morire di noja” e “Sai dove” , invettive di taglio rock di un uomo senza peli sulla lingua. Certo non sarà una canzonetta a cambiare il mondo , ma il fatto che un autore si preoccupi di far riflettere e cerchi di scuotere il pubblico dal suo torpore sembra già una cosa positiva . Non manca poi il lato romantico , ballate di sapore dylaniano come a bellissima “Controvento” che racconta un viaggio in auto dal sapore malinconico e nostalgico oppure “La solita tempesta” con la partecipazione di Angela Baraldi.
"Rojo" è un disco  a suo modo rivoluzionario,  con un titolo secco, conciso, quattro lettere, R-O-J-O, rosso, come il fuoco, come il sangue, come la rabbia, come l'amore: non poteva esserci scelta migliore per contenere il capolavoro personale di Giorgio Canali, che così realizza il disco rock quasi perfetto: prendano appunti tutti i Ligabue i Vasco e i Negramaro del mondo.
Mauro Peruzzo


                                                  "La solita tempesta"  dall'album "Rojo"

mercoledì 9 gennaio 2013

ITIS Galileo di Marco Paolini



Nelle biografie degli uomini illustri c'è il peso della vita vissuta ma anche il peso delle vite altrui, le paure e le speranze degli uomini che ci hanno preceduto, ma anche le nostre . Itis Galileo di Marco Paolini è a tutti gli effetti il racconto di una vita, la narrazione di un'esperienza che, per quanto distante o esemplare possa essere , ha ancora la forza di trasmetterci o di insegnarci qualcosa. Si tratta, in sostanza, di un viaggio a ritroso, che potrebbe partire dai compiti dati da fare per casa (fare una ricerca su Galileo), oppure dalle goffe memorie scolastiche di chi ha frequentato un Itis dedicato allo scienziato. Ma è, invece, una riflessione appassionata che attraversa criticamente e acutamente una biografia e un'epoca 
Lo spettacolo inizia con l'attore veneto che dal palco chiede al pubblico un po' interdetto e meravigliato un minuto di rivoluzione , dopo qualche iniziale applauso questo minuto risolve , per lo più, in un minuto di silenzio. In questo inizio c'è già tutto il significato dello spettacolo , quella di Galileo è stata una rivoluzione silenziosa, un cambiamento più radicale di quello che ci hanno fatto vivere tante guerre, ma condotto in silenzio e con la sola forza del pensiero contro i dogmatismi della sua epoca. La vita di Galileo è stata infatti una vita contro: contro le dottrine imposte, contro la perdita di senso critico e storico, contro il sopore delle coscienze e la mancanza di spirito critico e inventivo e tutto ciò in nome della verità e della ragione, perché lo scienziato pisano è innanzi tutto il paradigma dello spirito libero, colui che riesce a mettere insieme gli studi tecnici e la preparazione umanistica , la meccanica la poesia e la filosofia per perseguire la sua strada 
Man mano che lo spettacolo si addentra nel racconto della vicenda  , non può che venire in mente il confronto con la “vita di Galileo” di Bertold Brecht , opera capitale del teatro del Novecento, in cui il commediografo tedesco cercava di contrapporre la forza e la consapevolezza di un pensiero libero alla prescrittività del pensiero di massa che le dittature allora nascenti in Europa andavano imponendo . Paolini rifugge da un confronto troppo serrato con l'opera di Brecht , ma nel raccontare le sue storie, come l'autore tedesco, esprime la necessità di un teatro che sia strumento di educazione e di crescita civile. Scorrendo tra l'ironico e il divertito la vita del celebre scienziato ci pone di fronte a molti spunti di riflessione sempre tuttavia con leggerezza propria dell'uomo di teatro , rinunciando alle velleità del predicatore che dal palco fa proclami . 
Galileo è riuscito a ridare dignità all'errore, a farlo diventare un momento indispensabile per la crescita del sapere e della conoscenza. Ai giorni nostri è tremendamente difficile accettare l'errore oppure cambiare idea è , invece, molto più semplice adoperare e applicare il pensiero dogmatico a tutti gli ambiti dell'esperienza . “Guardate quelli che vanno ai talk-show: - afferma Paolini in un intervista a Famiglia Cristiana-non cambiano mai idea su nulla, tutti sono convinti di sé, al punto che non si dà vera conversazione. Siamo così distanti dal pensiero dogmatico vigente ai tempi di Galileo ?” . Possiamo sorridere per il modo divertente e divertito con cui l'attore veneto ci presenta le figure degli inquisitori che processano lo scienziato , ma siamo sicuri di essere veramente immuni da quegli stessi loro difetti? Accettare il diverso è prepotentemente difficile , soprattutto in una società dove il pensiero unico imposto dai media e lo slogan di massa sembrano predominare. Come uscire dalle secche di questa situazione ? Una via Paolini la suggerisce; già nel titolo della sua opera in cui è presente uno strano accostamento tra l'acronimo che definisce l'istituto tecnico industriale e il nome del famoso scienziato pisano. La scuola, l'educazione, la formazione delle menti, e delle coscienze, è il problema dei problemi. «Il problema dell'educazione si traduce così:- afferma Paolini - non si può fare formazione scientifica se al tempo stesso non si fa formazione delle coscienze» 
Certo, perché la coscienza ha un terribile difetto, se non la si esercita , muore. Allora, va bene la giornata della memoria per ricordare le stragi del nostro passato , ma allo stesso tempo, questo essere prescrittivi testimonia in modo irrevocabile l'indebolimento e la perdita della memoria stessa, insomma se non c'è la forza dell'educazione e della coscienza non serve a nulla dare delle norme scritte. Il dogmatismo cieco degli inquisitori dell'epoca di Galileo non è in fondo molto diverso dalla perdita di coscienza civile che in questi anni stiamo vivendo nel nostro paese, solo l'educare le coscienze e esercitarle può permetterci di uscire dal tunnel di tempi così bui. 
Ma in fondo, al di là di tutto ciò , la cosa più bella che lo spettacolo ci lascia è comunque la sensazione di uscire da teatro con la consapevolezza di essere un po' più ricchi di quando eravamo entrati e la forza di ritrovarci in strada con un po’ di coraggio in più per contrastare lo squallido strapotere del pensiero ovvio.
Mauro Peruzzo