giovedì 27 dicembre 2012

Schegge di paura


Era una nuvolosa e grigia giornata d’autunno. Mi dirigevo come al mio solito al bar per una cioccolata calda e fumante di quelle che solo Maria, la proprietaria del bar, sapeva fare. Il vento ululava un’inquietante canzone e le foglie cadevano lasciando gli alberi spogli. Il viale che percorrevo era triste e malinconico, una malinconia che si rifletteva su di me. Non c’era la solita gioia che incontravo per le strade, nessun uomo che conoscessi con cui fermarmi a fare due chiacchiere. Vedendo un’aiuola nella quale i fiori non erano ancora appassiti, mi venne alla mente che avevo promesso a mia moglie un mazzo di rose rosse e profumate, per festeggiare il suo compleanno. Svoltai al primo angolo e notai che una strana ombra mi seguiva. Guardai con la coda dell’occhio e vidi un individuo sospetto, sulla sessantina d’anni. Era alto e robusto, la carnagione era pallida e lattea. Nella sua faccia ovale si leggeva lo sguardo di qualcuno convinto nelle proprie idee. I suoi occhi erano acuti, il suo naso era aquilino e piccolo, la bocca dura che non cambiava mai espressione. Non riuscivo a vedere come fossero i capelli dato che l’individuo descritto portava un cappello a bombetta nero. Indossava un lungo cappotto di pelle, delle scarpe di vernice nere con poco tacco, quando camminava si sentiva un piccolo rumore. Sembrava che il suo aspetto si adattasse perfettamente a quella giornata. La sua mano sinistra si trovava dentro la tasca laterale del capotto e toccava qualcosa. Nonostante il tipo non mi fosse indifferente, continuai a camminare diritto per la mia strada.
Entrai nel negozio dove mi accolse una ragazza tra i venti e i trent’anni, alta e mora, con gli occhi azzurri, le labbra carnose e un sorriso rassicurante. La malinconia e la solitudine di quel giorno grigio e opaco sparirono. Chiesi un mazzo di rose e la ragazza senza esitare me le diede. Uscii dal negozio e all’improvviso tutta la felicità, la gioia sparirono, come quando stai sognando qualcosa di bello e ad un certo punto, di soprassalto, ti svegli con tanto rammarico. Ripercorsi la strada e finalmente arrivai al bar di Maria. Mi salutò lamentandosi, come era suo solito, sul mal tempo che era di passaggio in quei giorni. Conoscevo da molto tempo Maria eravamo grandi amici. Ella era di statura media e di corporatura esile. Aveva il viso allungato, gli occhi sognanti e aveva delle piccole mani con le quali sapeva fare ogni tipo di pasto. La ricordo ancora quando molto tempo fa faceva i biscotti, ora con l’arrivo dell’industrializzazione cominciò anche lei a comprarli al supermercato locale. Per prima cosa si metteva un grembiulino bianco come la neve con dei ricami di pizzo, sopra il suo vestito rosso e incominciava con estrema facilità a impastare la farina morbida sul vecchio tavolo da cucina. In pochi minuti erano pronti i dolci da mettere nel forno caldo quando il profumo si espandeva nell’aria tutti i bambini del paese, io compreso, correvamo nel bar lasciando i nostri giochi. Mi sedetti e cominciai a sorseggiare la mia cioccolata calda leggendo il giornale che, come al solito, non raccontava niente di interessante. Appena presi la tazza per bere guardai nel tavolo di fianco e vidi quell’individuo sconosciuto. Mi si raffreddarono tutte la vene in corpo e cercai, senza farmi notare, di far finta di niente. Chi era questo strano individuo? Cosa voleva da me? Pensai subito se gli avevo fatto qualcosa ma non mi venne in mente niente. Stava sorseggiando una tazza di caffè e cercava di nascondersi con il giornale. Appena terminai di bere la cioccolata, mi alzai, andai a pagare e mi diressi fuori dal locale. Nessuno si trovava dietro di me, e questa era una cosa molto rassicurante. Ma parlai troppo in fretta perché appena mi girai, quella figura era a una ventina di passi da me. Mi affrettai e, mentre stavo per attraversare le strisce pedonali, una gelida mano mi toccò la schiena. Con molta cautela mi girai e trovai l’uomo. Con grandissimo stupore mi accorsi che era Luigi un caro e vecchio amico delle elementari. Lo salutai e tutta l’ansia sparì. D’altronde lui me lo aveva sempre detto che ero un tipo pauroso.
Chiara Bonato

martedì 25 dicembre 2012

Quell'individuo sospetto


Uffa  è appena finito l'allenamento. Oggi il mister era veramente irritato e ci ha fatto fare il doppio degli esercizi. Penso che potrei dormire per una settimana intera senza nemmeno svegliarmi. Ora torno a casa e mi addormento sul letto, senza nemmeno cenare. Sono le sette di sera di una lunga e faticosa giornata di novembre: stamattina verifica di matematica e interrogazione di storia, tornato a casa mamma si è arrabbiata perché il cane ha pisciato sul letto e, ovviamente, è come se io  avessi pisciato e quindi ho dovuto levare tutte le lenzuola, coperte e i  copri letti e sbatterli in lavatrice, che me li ha restituiti di un giallo fluorescente perché avevo sbagliato detersivo; poi parto per andare all'allenamento e arrivato in palestra scopro di aver perso il portafoglio. La giornata peggiore della mia vita! Sarei stato pronto a scommettere che peggio di così non sarebbe potuto andare, ma ricordandomi tutti i film in cui i personaggi facevano il mio stesso ragionamento e poi si metteva a piovere, era meglio tacere. Ci mancava solamente la pioggia a peggiorare la giornata! Ottocento metri mi separavano dal mio amato letto. Mi stavo letteralmente addormentando in piedi e decisi di percorrere l'isolata stradina più breve ma che mai attraversavo. 
Davanti a un diroccato negozietto di lettura della mano, magia e cartomanzia gestito da una certa "Madame Sasal" si trovava una figura nera e immobile. Indossava un lungo cappotto nero che le arrivava fino alle ginocchia, coperte da una lunghe veste anch'essa nera. Le scarpe erano impossibili anche solo da intravedere perché nascoste dalla veste. Le gambe erano dritte, immobili anche se sotto quella veste era difficile determinarne la corporatura. Le mani erano nella tasca del cappotto. Un grande cappuccio nero le copriva il volto. Quando mi notò, si girò di scatto dalla mia parte e il vento le tolse il cappuccio: era una donna dai tipici lineamenti latini, dalla pelle color nocciola e dai lunghi e scomposti capelli neri. La cosa che più mi colpì però furono gli occhi, tenebrosi e crudeli, bianchi , quasi senza pupilla. Guardandoli una sensazione di sconforto e sottomissione mi invase: mi sembrava di essere inutile, una monotona pedina nel grande tabellone chiamato Terra. Chi ero io, dopotutto? Un ragazzino insignificante! Come potevo io competere con quei magici occhi maledetti che mi stavano scrutando? La bocca della donna, rosso sangue, pronunciò una parola ma non riuscì a percepirla, ma mi accorsi che il mio corpo non mi rispondeva più. Mi stavo avvicinando sempre di più alla donna, ora riuscivo a percepire il suo profumo di rosa rossa. Più mi avvicinavo più tratti di lei riuscivo a intendere: avrà avuto una trentina d'anni ed era snella. Stava lentamente estraendo la mano dalla tasca e intravidi le sue mani, piccole e delicate ma allo stesso tempo malvagie e assassine e le unghie lunghe e affilate dello stesso colore rosso sangue delle labbra. Vidi che la sua mano destra stringeva un manico di qualcosa. Finalmente capì, ciò che aveva in mano era un coltello. Volevo scappare, ritornarmene a casa ma non ci riuscivo; il corpo non rispondeva, non potevo fuggire! Improvvisamente un rumore ruppe quel maledetto silenzio. La donna distolse lo sguardo da me e guardò precipitosa una stradina che portava ad una vecchi fabbrica abbandonata, dalle assi cadenti e dalla porta cadente. Le finestre erano distrutte, i vetri vittima probabilmente di qualche sparatoria. La donna corse verso l'edificio e finalmente potevo pensare da me e usare il mio corpo. Raccolsi la sacca da ginnastica caduta e corsi a casa, con il pensiero che finalmente avrei potuto coricarmi nel mio letto odoroso di pipì e con le coperte fluorescenti. 

Niccolò Rossi

venerdì 21 dicembre 2012

UN’ASSOLATA GIORNATA ESTIVA





Era luglio ed io ero in vacanza con la mia famiglia a Roseto degli Abruzzi. Quella mattina mi ero svegliata presto perché avevo voglia di andare in spiaggia da sola. Fortunatamente l’appartamento che avevamo affittato era molto vicino al mare quindi non ci misi molto a raggiungere la mia meta. Arrivai al mio ombrellone solo dopo averlo cercato per cinque minuti buoni. Era lo stesso ombrellone che usavamo già da una settimana eppure non riuscivo mai a trovarlo. Sistemai l’asciugamano sul lettino da sole e mi sdraiai. Per un istante rimasi immobile e mi guardai attorno. Vedevo il mare, così immenso, un’enorme distesa di sola acqua. Osservai attentamente l’orizzonte, quella sottile linea che divide il cielo dal mare. Quella sottile linea che per me separa la realtà dai sogni. Quella sottile linea che avevo voglia di raggiungere, ma era impossibile quindi smisi di fantasticare. Poi chiusi gli occhi e provai invece a concentrarmi sui suoni che potevo cogliere. Non sentivo nulla. La spiaggia a quell'ora era deserta, dopotutto erano le sei di mattina. Eppure a me piaceva quel silenzio, mi piaceva stare da sola . Ascoltavo il verso dei gabbiani che volavano alti nel cielo ed erano in spiaggia certamente da più tempo di me, il rumore delle onde. Quanto era bello. Era così tranquillizzante. Mi misi ad ascoltarlo e lentamente mi addormentai. 
Mi svegliai due ore dopo quando ormai i miei genitori e purtroppo anche il mio adorato fratellino erano arrivati. E lì terminava il mio momento di tranquillità. Mio fratello incominciò a stressarmi chiedendomi di andare a fare il bagno, mia madre insisteva perché mi mettessi la crema solare e mio padre si lamentava perché voleva il mio lettino da sole. Non ce la facevo più. Presi e me ne andai. Nessuno si preoccupò di seguirmi. Incominciai a camminare lungo la riva, dove riuscivo a bagnarmi i piedi con l’acqua. A un certo punto mi ritrovai davanti ad un castello di sabbia bellissimo, costruito forse il giorno prima e forse troppo vicino all'acqua. Non feci in tempo ad avvicinarmi che un’onda più forte delle altre lo sommerse distruggendolo. Mi accorsi che c’era un bambino che piangeva vicino al castello, o più che altro quel che ne restava. Mi dispiaceva. Avrei voluto aiutarlo. Poi però arrivò sua madre che, dopo avergli asciugato le lacrime, lo aiutò a ricostruire il castello. È così purtroppo. Le cose belle non durano per sempre. Niente dura per sempre. Quando pensi di essere riuscito a realizzare i tuoi progetti e di essere felice arriva la delusione però puoi stare certo che poi arriva anche qualcuno pronto ad aiutarti a ricominciare. 
Ormai si era fatto tardi ed era ora di tornare in dietro. Stavo per incamminarmi quando mi accorsi che il sole stava tramontando. Guardando quello spettacolo magnifico non so perché mi sentii sollevata da ogni problema. Mi sentii finalmente felice e in pace con me stessa. 

Alessia Framba

sabato 8 dicembre 2012

Ripasso ed esercizi di analisi logica




Per chi voglia ripassare i principali complementi dell'analisi logica ed esercitarsi in vista del compito è disponibile un file con esercitazioni di analisi logica ed esercizi di ripasso da scaricare .

lunedì 26 novembre 2012

Presentazioni delle lezioni e brani antologici


Sono disponibili i brani antologici e le letture da fare in classe sul testo descrittivo , oltre alle presentazioni power point delle lezioni sul medesimo argomento per le classi prime dell'indirizzo linguistico. Per la classe terza dell'indirizzo scienze applicate si può scaricare  un riassunto degli argomenti da studiare per l'interrogazione visualizzati attraverso   i power point proiettati in classe durante le lezioni. Per la classe dell'indirizzo  scientifico, infine,  è possibile avere i power point delle lezioni di storia sui fenici  e sull'Egitto e  la prima parte  e la seconda parte delle lezioni  di geografia sul clima

venerdì 23 novembre 2012

Una breve storia del Jazz



La musica Jazz nacque nei primi anni del '900 a New Orleans , in Luisiana, dall'incontro di stili diversi: quelli delle marce militari bandistiche e quelli delle bande che suonavano ai funerali durante i quali, dopo la marcia funebre, nel percorso del feretro al cimitero, interpretavano un repertorio decisamente più allegro insieme a tutti coloro che sapevano suonare uno strumento. Il primo musicista indicato come “padre del jazz” è Buddy Bolden, ma il primo compositore del genere è il pianista Jelly Roll Morton che acquistò grande notorietà con il brano King Porter Stomp. Figura preminente fu anche il trombettista Joe “King” Oliver. 
Il primo complesso Jazz, composto incredibilmente da soli bianchi, fu la Original Dixieland Jass Band , che si esibì in tournèe anche in Europa; il primo brano mai registrato fu Livery Stable Blues. Tra il 1910 e il 1920 il jazz venne spesso portato al nord sui battelli che risalivano il Mississipi da orchestre che intrattenevano i viaggiatori. 
Meta di molti musicisti era Chicago: in questo periodo il jazz si avvia verso forme ritmiche più sofisticate, dove il solista si produce in esibizioni virtuosistiche dominanti; è il tempo di Louis Armstrong, musicista trombettista che, come è stato affermato, con pochi altri scrisse la storia del jazz. Numerose sono le registrazioni dei suoi gruppi, gli Hot Five e gli Hot Seven con i quali suonò tra il 1020 e il 25. E' il tempo in cui la nascita dell'industria discografica determina la diffusione del genere, il quale prende piede accanto alla produzione e diffusione del blues. 
Nel decennio successivo (1930-1940) si affermano le grandi band che si esibivano in grandi sale da ballo o in locali in cui si vendevano alcolici, vietati in quell'epoca dal proibizionismo. Un grande direttore d'orchestra fu Paul Whiteman, che commissionò a George Gershwin il brano Rapsodie in Blu, ove confluivano elementi jazzistici in uno schema compositivo di derivazione classica. 
La musica jazz in questo periodo diventò anche ballabile grazie alla nuova formula utilizzata da Benny Goodman, giovane musicista ebreo. Ogni brano cominciava con tranquillità per scatenarsi progressivamente mantenendo però lo stesso ritmo: lo swing. Di grande popolarità furono le orchestre di Benny Goodman, Duke Ellington; Chick Webb (in cui cantava Ella Fitgerald). New York fu il palcoscenico privilegiato delle esibizioni delle grandi orchestre, specialmente nel quartiere di Harlem , mentre intorno a Broadway fiorivano locali ove si esibivano piccoli gruppi jazz con musicisti di grande talento come Coleman Hawkins e Lester Young 

Negli anni 1940-1960, mentre diverse grandi orchestre chiudevano i battenti per motivi economici e rimanevano sulla piazza solamente le band di Duke Ellington, Count Basie, Woody Herman e Stan Kenton, nacque un nuovo stile, il bebop ad opera di giovani musicisti jazz come il trombettista Dizzy Gillespie e il sassofonista Charlie Parker. Il nuovo movimento musicale suscitò tuttavia da subito l'avversione di molti appassionati, non solo perchè la musica non aveva più niente di ballabile ma anche a causa degli atteggiamenti esteriori e dello stile di vita di molti dei cosiddetti “boppers”. Il mondo del jazz venne così spesso associato a quello della droga, ed in realtà alcuni musicisti , come Charlie Parker o Billie Holiday morirono a causa della loro dipendenza . In campo musicale l'opposizione a questo movimento fu espressa soprattutto dai jazzisti tradizionalisti come Louis Armstrong . Il bebop fu un movimento musicale afroamericano, basato sulla sperimentazione di una musica che i bianchi non potessero copiare, sull'esasperazione ritmica, sull'accentuato virtuosismo strumentale e sulla complessità, nonché asprezza della frase musicale. Con l'avvento del bebop, il jazz perse la grande popolarità che aveva avuto fino a quegli anni per divenire una musica d'arte volta ad artisti intellettuali. 

Già negli anni cinquanta un nuovo genere, il cool jazz, espresse con le sue caratteristiche melodiche e rilassate la reazione agli aspetti più estremi del bebop. Il coool jazz nacque a New York ma si sviluppò in California , ne furono interpreti i trombettisti Chet Baker e Miles Davis . Anche il cool non ebbe però diffusione tra il grande pubblico. Si sentì pertanto da parte dei musicisti di jazz e di bebop l'esigenza di fare una musica più accattivante, addomesticando il bebop in una forma orecchiabile chiamata l'hard bop. Si cimentarono in questa forma Miles Davis, John Coltrane, Paul Chambers ed Art Blakey. 
Gli anni 1960 – 1970 vedono l'affermarsi di nuove tendenze: il jazz modale di Miles Davis e di John Coltrane basato sulle scale musicali modali greche con uno stile compositivo e improvvisativo meditativo e intellettuale; il soul jazz, più vicino a rhythm and blues e infine il free jazz di cui furono protagonisti Ornette Coleman e Cecil Taylor. Il free jazz praticando l'improvvisazione collettiva totale, frantumava le idee tradizionali di forma, armonia, melodia e ritmo; accogliendo le influenze musicali di provenienza asiatica e africana, si proponeva come un genere di impegno politico e sociale. Questo nuovo genere reclutò giovani talenti come Archie Shepp ed Albert Ayler ma suscitò anche aspre polemiche e critiche accese da parte di chi sosteneva che abolisse la distinzione tra chi sapeva suonare e chi no. Il free jazz ebbe insuccesso commerciale perchè era una musica estremamente complessa e difficile da ascoltare e, nel complesso, ebbe maggior fortuna in Europa piuttosto che in America . 

Negli anni '70 e '80 alcuni musicisti sentirono il bisogno di fare nuove esperienze, con la consapevolezza che non fosse affatto facile, dato che sembrava che tutto fosse stato già fatto. Si tentò di fondere stili diversi nell'era degli strumenti elettrici (chitarra e tastiera), determinando la nascita di un nuovo genere : il jazz rock o fusion. Il primo gruppo fusion fu quello dei Fourth Way (1968) fondato da Yusef Lateef e Mike Nock . Joe Zawinul fu uno dei più importanti musicisti di questo genere . La fusion è ' la musica che dà voce alle manifestazioni per i diritti civili e contro la guerra e a quelle delle Università occupate: il jazz trova così nel rock una nuova via per comunicare. 
Miles Davis ancora una volta traccia la nuova strada da percorrere e i suoi discepoli creano nei fatti il genere. I più importanti sono senza dubbio i Weather Report di Chorter e Zawinul . I Wheater Report creano un Jazz rock elettrico coinvolgente, intellettuale; quindici album pubblicati tra il 1971 e il 1986, una produzione sempre di grande livello e interesse. 
Si afferma anche la chitarra elettrica , che mai prima nel Jazz aveva avuto ruolo di guida soprattutto grazie a due grandi interpreti: Bill Frissel, e John Mc Laughin. Negli anni ottanta la fusion diventa la forma prevalente del Jazz e si accosta a culture diverse dalle afroamericane . I musicisti di questo genere tuttavia destano l'interesse del pubblico soltanto per la velocità acrobatica delle loro esecuzioni, senza mai proporre nuove idee. 
Nei decenni 1980 2010, un gruppo di artisti ha cercato di arginare il crescente disinteresse nei confronti di un genere non più stilisticamente ben riconoscibile, richiamandosi alle correnti musicali praticate negli anni 1950-60. 
Si è messo in evidenza in questi anni il giovane trombettista Wynton Marsalis, che ha promosso con forza un lavoro di recupero delle radici della musica jazz nelle sue forme originarie e per questo originali . Nei tempi odierni molti musicisti riproducono con valenza repertori tradizionali. In Europa , specialmente, la musica jazz ha assunto una propria identità di interessante connotazione, per niente subalterna, come in passato al modello statunitense

martedì 13 novembre 2012

Programma per esercizi di analisi logica

Per esercitarsi a casa in analisi logica è possibile scaricare dal seguente link   il programma Grammatica 32 da installare sul vostro PC che permette  di eseguire molti esercizi di analisi logica con autocorrezione.Cliccando sul link troverete 3 file, scaricateli dentro una cartelle sul vostro computer e quindi installate il programma cliccando su setup.  Il software è stato testato in molti anni di esperienza scolastica ed ha dimostrato la sua efficacia pratica. Contiene 7 moduli di esercizi: analisi grammaticale semplice, analisi grammaticale completa, analisi logica, analisi del periodo, correzione degli errori ortografici, esercizi sulla punteggiatura, esercizi sulle parti del discorso. Graficamente è stato realizzato per i ragazzi delle scuole medie ma può essere applicato con successo anche in altri gradi di scuola.

mercoledì 7 novembre 2012

L'agente segreto di Joseph Conrad



Fumo di Londra del 1884 ammanta le strade e i palazzi sono circondati da una nebbia crepuscolare e Verloc ha tutte le carte in regola per apparire una totale nullità, l’uomo più comune per eccellenza. Egli ha una moglie, Winnie, il piccolo cognato, Stivie, e la madre di Winnie, tutti a carico. Sembra che Verloc viva delle magre vendite dell’ambiguo negozio gestito a metà tra lui stesso e la moglie tuttavia l'apparenza è del tutto ingannevole ,Verloc  ha una vita estremamente varia e  multiforme, passa infatti gran parte del suo tempo in incontri con i compagni di lotta , come ben presto si scopre egli   è  attivo nel movimento rivoluzionario dentro il quale fa l'infiltrato per conto di una potenza straniera. Nessuno lo sa, ma Verloc è investito di una carica governativa da un tal Vladimir, un russo dell’ambasciata londinese. Gli viene affidato un compito: deve compiere un atto terroristico che sconvolga l’ordine borghese, prestabilito dal liberalismo inglese e sedimentato nei secoli. Non alle chiese, nessuno ci crede più, né direttamente al governo, non sufficientemente degno di stima: la scienza, ecco l’unica cosa che tutti sono disposti ancora a seguire. E allora sia il simbolo della scienza concreta, il meridiano di Greenwich ad essere devastato così da gettare nello scompiglio le coscienze. Verloc porterà a termine il suo compito finendo per coinvolgere nella vicenda il povero Steve, un ingenuo ragazzo , fratello della moglie il quale verrà dilaniato dall'esplosione a causa di un imprevisto incidente. Alla fine,  le conseguenze delle sue azioni lo porteranno a dissolvere la sua vita e a sconvolgere quella di tutta la sua famiglia.

L’agente segreto è un romanzo storico nel quale la vicenda fondamentale è un fatto realmente accaduto: l'opera prende infatti le mosse da un  tentato atto terroristico del 1884 che Conrad aveva letto sul giornale. Conrad riflette a lungo sull’attentato e pubblica il romanzo dieci anni dopo. Pare che gli venne difficile riuscire ad immaginare come si svolse la dinamica dell’esplosione vera e propria, tra il piazzamento dell’ordigno e il suo incredibile epilogo. La cornice storica è rilevante, forse, per coloro che sono amanti del romanzo storico tuttavia essa è e rimane solamente una cornice è l’individuo ad essere al centro della storia. Prima la mediocrità di Verloc contrapposta all'ingenuità fanciullesca di Steve, poi la fissa disperazione della moglie di Verloc, Winnie la cui psiche viene sconvolta quando apprendere che ad uccidere il fratello è stato il marito.  la Storia, per Conrad, è una somma di individui e l’individuo di Conrad è quell’occidentale infiacchito da sé stesso, incapace di smuovere il mondo. L’uomo è irrimediabilmente solo nella sua storia che, generalmente, è una storia ambigua di miseria e piccolezza in cui l’eroe non è altro che una variante possibile ma mai del tutto piena e, semmai, massimamente ambigua.

L’agente segreto è un libro che racconta la vicenda di una serie di uomini tra i quali Verloc è solo uno dei diversi. L’attenzione è focalizzata sul punto di vista differenziato per ciascuno dei vari personaggi dai quali sorge il senso di un’umanità impotente, incapace di andare oltre la miseria della grettezza della vita quotidiana e, qualora vi provi, vi ripiomba miserabilmente con un tonfo simbolico: un fallimento reiterato.Verloc è così il simbolo dell’uomo occidentale,  mediocremente ambiguo,  incapace di aspirare a grandi ideali e confinato nei suoi piccoli orizzonti, fatti di piccole certezze economiche che servono ad alleggerire la coscienza da doveri ben più universali e importanti che non siano il povero cercare una soddisfazione apparente da quelli che gli ipocriti chiamano “i piccoli piaceri della vita”. Conrad mette in scena proprio questo: l’irrimediabile fissità della miserabile soddisfazione del piccolo uomo che non conta nulla e che non vale niente la cui vita è devoluta all’inerzia del vivere, la cui esistenza è e sarà condannata alla vacuità più assoluta.

mercoledì 10 ottobre 2012

Lezioni sui Promessi Sposi



Sono disponibili le presentazione sulla vita di Alessandro Manzoni e sui Promessi Sposi per le classi 1BL e 1CL
Vita di Alessandro Manzoni http://www.mediafire.com/view/?zo756cdgjdkyytb
Promessi Sposi http://www.mediafire.com/view/?feaw1d7d8pfm478

giovedì 27 settembre 2012

Lezioni di letteratura italiana 3 ASA



Sono disponibili i files in formato pdf delle lezioni di letteratura italiana per la classe 3 ASA. Per scaricarle è sufficiente cliccare sopra il link e scegliere nella pagina che si apre l'opzione download.




La tregua di Primo Levi



Forse la guerra non finisce quando gli uomini decidono di deporre le armi, quando sembra che finalmente si apra la speranza e il desiderio di un nuovo giorno di pace e libertà e la vita  si fa più concreta , forse la guerra non finisce mai e a quella sanguinosa e combattuta sui campi di battaglia se ne sostituisce un'altra non meno faticosa, quella quotidiana per la sopravvivenza. “Guerra è sempre”, dice il Greco , uno dei personaggi più curiosi di quella straordinaria galleria di tipi umani che è la tregua di Primo Levi, romanzo che parla di pace con gli occhi e la mente di chi ha ancora nel cuore la guerra. Scritto nel 1962 vinse il premio Campiello nel 1963, si tratta senza dubbio  della prova di un  narratore maturo , più  letterariamente scaltra , rispetto a “Se questo un uomo” segnata tuttavia  dalla stessa urgenza di denuncia sociale e umana, dal bisogno di dire e fissare sulla pagina le parole di un'esperienza affinché questa non venga dimenticata. La tregua è il romanzo del ritorno, di questo moderno Ulisse che dopo essere passato attraverso l'inferno di Auschwitz si trova a dover affrontare il Purgatorio della riconquistata libertà,  e  peregrina con mezzi di fortuna attraverso l'Europa dell'est per otto lunghi  mesi fino ad arrivare alla fine in Italia. La tregua è anche uno straordinario spaccato di umanità postbellica. Quando diventa un'urgente impellenza sopravvivere sgorga tra gli uomini di varie nazioni e di diverse culture quel sentimento di condivisione che si chiama solidarietà, sentimento che lega e rende vicino anche chi fino a pochi mesi prima era considerato con diffidenza straniero o nemico.  Il ritorno allora deve essere inteso non solo come cammino nello spazio sterminato e senza confini della steppa russa o in quello più umano della pianura polacca , ma come travaglio interiore, lotta contro i ricordi, ricerca della propria persona, dell'integrità umana calpestata ed avvilita. "I mesi or ora trascorsi, pur duri, di vagabondaggio ai margini della civiltà, ci apparivano adesso come una tregua, una parentesi di illimitata disponibilità, un dono provvidenziale ma irripetibile del destino";scrive il narratore , la libertà è il dono di uno stacco tra ciò che era rappresentato dall'inferno del lager e ciò che invece è il ritorno alla "normalità" conquistata e assaporata a poco a poco nel corso di un viaggio di circa cinquemila chilometri in quasi nove mesi, per riconquistare la vita. 
Durante questa odissea c'è chi intraprende la strada del commercio per procurarsi del denaro con il quale sopravvivere come il Greco, un ebreo di Salonicco i cui attributi fisici lo rendevano simile "ad un uccello notturno sorpreso dalla luce" e il cui ideale di vita si ispira ad un codice anarchico e mercantile fondato su pochi principi fondamentali fra cui quello basilare consiste nel credere fermamente che "l'uomo è lupo all'uomo", oppure c'è chi ,come Cesare, aderisce alla vita e al mondo con una furbesca curiosità contadina . "Era un figlio del sole, un amico di tutto il mondo, non conosceva l'odio né il disprezzo, vario come il cielo, festoso, furbo e ingenuo, temerario e cauto, molto ignorante, molto innocente, e molto civile"dice di lui il narratore . Tuttavia tutti nello stesso tempo, greci , polacchi, italiani, tedeschi, uomini e donne si mescolano si aiutano si compatiscono ritrovano il senso dell'essere tornati alla vita , del sentirsi di nuovo delle persone con sentimenti, emozioni, desideri. Levi è un grande osservatore e ritrattista di uomini, luoghi, animali, oggetti. Il suo stile è una tenaglia, che stringe il massimo dell’espressività in una morsa di concisione limpido e concreto, sempre aderente alle cose, ma anche con una capacità non comune di riflettere sulle parole, sugli uomini e sul loro mondo. Un romanzo agile e accattivante , un'opera  senza dubbio da rileggere e da riconsiderare nel vasto panorama della letteratura italiana postbellica.
Mauro

lunedì 24 settembre 2012

Lezioni di italiano classi prime



Sono disponibili i materiali delle lezioni di italiano del modulo di inizio anno scolastico per le classi 1 BL e 1 CL. Cliccando sui i link sottostanti potrete accedere ai files delle presentazioni degli argomenti trattati in classe in formato pdf.





La comunicazione http://www.mediafire.com/view/?22mbo2hap7cdtg3
L'accento http://www.mediafire.com/view/?rla4nppbynzke4a
Errori ortografici http://www.mediafire.com/view/?fgd5fmqrg61sbcr
Analisi logica http://www.mediafire.com/view/?x9bszyxjs47vjx2
Storia della lingua 1 http://www.mediafire.com/view/?xgutufg65pixa16
Storia dellalingua 2 http://www.mediafire.com/view/?usr6gkrf16n3bpw

venerdì 21 settembre 2012



Mi sono interessato di recente all'opera di Umberto Galimberti e vorrei esporne i principali contenuti in quanto ritengo che le sue riflessioni relative al rapporto tra scienza , tecnica e morale siano in grado di farci capire meglio il modo in cui viviamo  e ci permettano di conservare nei suoi confronti  un approccio critico e attivo e non supinamente e ideologicamente passivo. Nelle sue opere Galimberti sostiene che nelle condizioni attuali l’uomo non è più al centro dell’universo come intendeva l’età umanistica: tutti i concetti chiave della filosofia (individuo, identità, libertà, salvezza, verità) dovranno essere riconsiderati in funzione della società tecnologica attuale. 
Infatti la tecnica è secondo il filosofo il tratto comune e caratteristico dell’occidente. La tecnica è il luogo della razionalità assoluta, in cui non c’è spazio per le passioni o le pulsioni, è quindi il luogo specifico in cui la funzionalità e l’organizzazione guidano l’azione. 
Noi continuiamo a pensare la tecnica come uno strumento a nostra disposizione, mentre la tecnica è diventata l’ambiente che ci circonda e ci costituisce secondo quelle regole di razionalità (burocrazia, efficienza, organizzazione) che non esitano a subordinare le esigenze proprie dell’uomo . Tuttavia ancora non ci rendiamo conto che il rapporto uomo-tecnica si sia capovolto, e per questo ci comportiamo ancora come l’uomo pre-tecnologico che agiva in vista di scopi iscritti in un orizzonte di senso, con un bagaglio di idee e un corredo di sentimenti in cui si riconosceva. Ma la tecnica non tende a uno scopo, non promuove un senso, non apre scenari di salvezza, non redime, non svela verità: la tecnica funziona e basta. 
Il punto cruciale sta nel fatto che tutto ciò che finora ci ha guidato nella storia (sensazioni, percezioni, sentimenti) risulta inadeguato nel nuovo scenario. Come"analfabeti emotivi" assistiamo all'irrazionalità che scaturisce dalla perfetta razionalità dell'organizzazione tecnica, priva ormai di qualunque senso riconoscibile. Non abbiamo i mezzi intellettuali per comprendere la nostra posizione nel cosmo, per questo motivo ci adattiamo sempre di più all'apparato e ci adagiamo sulle comodità che la tecnica ci offre. 
Inadeguato non è solo il nostro modo di pensare, inadeguata è anche l’etica tradizionale le diverse etiche classiche, infatti, ponevano l’uomo al centro dell’azione Ma oggi questo è smentito dai fatti . L’uomo è ciò di cui la tecnica si serve per funzionare. La scienza , da quando è al servizio della tecnica e del suo procedere, non è più al servizio dell’uomo, piuttosto è l’uomo al servizio della tecno-scienza. L’etica tradizionale , di fronte a questo nuovo scenario diventa pat-etica e celebra tutta la sua impotenza. Oggi siamo senza un’etica che sia efficace per controllare lo sviluppo della tecnica che, come è noto, non tende ad altro scopo che non sia il proprio potenziamento. 
Tutto nella nostra vita quotidiana rientra nel sistema tecnico, qualsiasi azione o gesto l’uomo compie ha bisogno del sostegno di questo apparato. Ormai viviamo infatti all'interno di un paradosso , se l’uomo vuole salvare se steso e il pianeta dalle conseguenze del predominio della tecnica (inquinamento, terrorismo, povertà, etc.) lo può fare solo con l’aiuto della tecnica: progettando depuratori per le fabbriche, cibi confezionati, grattacieli antiaerei e così via. Il circolo è vizioso e uscirne, se non impossibile, sembra improbabile, visto soprattutto la tendenza delle società occidentali. In questo senso va recuperato il valore umanistico della scienza: la scienza al servizio dell’umanità e non al servizio della tecnica. 
Il valore più profondo del pensiero di Galimberti consiste, appunto,in questo tentativo di fondare una nuova filosofia che ci consenta, se non di dominare la tecnica, almeno di evitare di essere da questa dominati.

venerdì 8 giugno 2012

Materiale di studio per gli studenti con giudizio sospeso

Metto a disposizione il materiale per chi avrà il giudizio sospeso e dovrà partecipare alla sessione di esami di fine agosto. Per quanto riguarda italiano:
Modulo 1
Il testo argomentativo
https://docs.google.com/open?id=0B6mPs8OrReImUHpHUUlOR3JCV2s
Modulo 2
il testo giornalistico
https://docs.google.com/open?id=0B6mPs8OrReImcXg5MlNEdkdkR2s

 Poichè la verifica consisterà in una prova scritta sul modello di quelle fatte in classe durante l'anno gli studenti interessati sono pregati di esercitarsi nel scrivere testi durante i mesi estivi ed eventualmente farli leggere o correggere da qualcuno .
Per quanto riguarda la prova di recupero del debito di storia sarà anche essa sostenuta tramite una verifica scritta. I moduli da studiare sono i seguenti:
Modulo 1 : dagli imperatori illirici alla dinastia teodosiana
https://docs.google.com/open?id=0B6mPs8OrReImZlZEV0VUZktJbXM
Modulo 2: Dai longobardi alla caduta dell'Impero franco
https://docs.google.com/open?id=0B6mPs8OrReImeHllbGVHNzZibjg

Per scaricare i file è sufficiente cliccare su di essi nella colonna di sinistra, andare nel  menù in alto e accedere alla funzione File,scorrere il menù a tendina che appare e  quindi accedere alla funzione  scarica.
Buon lavoro.

martedì 5 giugno 2012

SI PUÒ ESSERE FELICI?

'' Penso di aver paura di essere felice perchè ogni qual volta che lo divento troppo, accade sempre qualcosa di brutto'' così diceva Charlie Brown, il mitico personaggio dei cartoni animati che amavo guardare da bambina. Mi identifico quasi completamente in queste parole, per esperienza personale, per quello che accade attorno a me, nella mia famiglia e nella società in generale: quando vi è un periodo anche breve di pura felicità, arriva sempre qualcosa o qualcuno che mette fine a tutto, facendo ritornare la situazione enigmatica, triste e quasi, oserei dire, infelice.
La felicità a mio parere è qualcosa legata al ricordo. Un esempio, parlando con i miei genitori o soprattutto con i miei nonni, capisco che anche solamente il rimembrare marachelle o piccoli momenti della loro infanzia li fa sorridere e provare un sentimento istantaneo di felicità che poi però svanisce quando loro finiscono il racconto con frasi come ''ora non è più così'' ,frasi che fanno  girare gli angoli delle loro labbra verso il basso. Tutto questo per dire che quando si è bambini, quando si è inconsapevoli dei problemi della vita, quando l'unica cosa che ci importava era la presenza di un giocattolo o di un amico con cui correre, quando non si avevano pensieri,  quelli erano i momenti in cui forse eravamo totalmente e sinceramente felici.
Quando si cresce, invece, tutto ha un corso veloce, ritmato, senza tregua o pausa, tutto diventa inesorabilmente monotono, uguale ma soprattutto infelice, perchè non diamo più retta alle cose semplici con cui ci divertivamo da piccoli e questo succede solo per il fatto che siamo cresciuti e che quindi siamo diventati consapevoli che la felicità è un sentimento breve, che arriva rapido e se ne va via con la stessa velocità con cui è arrivato, lasciando dietro di sé uno strascico di rimorsi.
Essere felici quindi per me è possibile, ma non completamente o meglio non in modo assoluto. Infatti secondo il mio parere, l'uomo di oggi nei piccoli istanti di felicità che prova durante la sua esistenza, ha, nel profondo della sua anima, un' angoscia fissa. Questa angoscia è rappresentata dal fatto che noi essere umani ​sappiamo già che questo sentimento meraviglioso ci scivolerà via dalle mani con un soffio di vento, perciò tentiamo con tutte le forze che abbiamo a disposizione di trattenere la felicità nella nostra vita, anche se alla fine, tardi o presto, finirà.
Inoltre, a mio parere la felicità è fonte di illusioni. Penso non esista uomo sulla terra che non desideri essere felice anche solo per una breve frazione di tempo; questo desiderio che noi tutti proviamo però ci porta a compiere qualunque tipo di azioni pur di poterlo realizzare. Quando però i nostri piani falliscono e la felicità non ci ricompensa, il nostro sogno di letizia unito alla fatica che abbiamo dovuto sopportare per ottenerla, ci fa patire un sentimento ancora più triste dell'infelicità che è la sensazione di delusione.
Concludendo  non voglio affermare  che la felicità porti solamente a delusioni e a sentimenti che non gioverebbero al nostro esistere, ma che questo stato d'animo chiamato felicità deve essere vissuto a pieno perchè non è eterno.
''La felicità altro non è che un attimo di vento a nostro favore'' scrive la poetessa Anna Biasion nel suo componimento intitolato 'La Serenità', concordando con il suo parere  penso che la felicità sia un sentimento tanto immenso e così difficile da ottenere e da godere che quando arriva tra le nostre mani come una goccia di pioggia non dobbiamo farla semplicemente scivolare via tra gli spazi presenti tra le nostre dita pensando che questa prima o poi sarebbe caduta comunque, ma dobbiamo trattenerla il più che possiamo e gustandone il lieto sapore.
Michela Cocco

lunedì 7 maggio 2012

Recensione: Hunger di Steve MCQueen

Dopo quattro anni dalla sua uscita è finalmente arrivato nelle sale italiane il film d'esordio di Steve McQueen Hunger. Si può comprendere la diffidenza dei distributori italiani che probabilmente non ritengono il pubblico del nostro paese maturo al punto tale da poter apprezzare un'opera del genere, si può comprende, ma non certo giustificare, visto il successo che ha mietuto il film in tutte le sale d'Europa, i premi che ha vinto  e considerato l'alto livello registico che questa opera prima esprime. Siamo in Irlanda del Nord nel 1981. Il Primo Ministro Margaret Thatcher ha abolito lo statuto speciale di prigioniero politico e considera ogni carcerato paramilitare della resistenza irlandese alla stregua di un criminale comune. I detenuti appartenenti all'IRA danno perciò il via, nella prigione di Maze, allo sciopero “della coperta” e a quello dell'igiene, cui segue una dura repressione da parte delle forze dell'ordine. Il primo marzo, Bobby Sands, leader del movimento, decreta allora l'inizio di uno sciopero totale della fame, che lo condurrà alla morte, insieme a nove compagni, all'età di 27 anni .Questa è in breve la trama dell'opera , detto questo tuttavia non si è ancora detto niente, perchè il film, che vuol essere indubbiamente un'opera di denuncia politica e sociale , non ha certo nella trama il suo punto qualificante quanto nell'uso violento e dirompente dell'immagine. Steve McQueen ha con l'immagine un rapporto estremamente fisico, che qui porta all'estremo, dal fisico al fisiologico, poiché le armi della contestazioni dei detenuti sono dapprima i rifiuti del corpo e poi il corpo stesso. Così si vedono I corridoi del carcere di Maze invasi dall'urina, le mura delle celle imbrattate di escrementi fino ad arrivare alle ultime scene in cui con lentezza struggente  il corpo di Bobby Sand  si consuma e si copre di piaghe  a causa dello sciopero della fame  . Tutto  è girato rinunciando volutamente ai criteri della spettacolarità tipici del cinema, nulla infatti viene concesso al divertimento o alla furbizia narrativa per rendere la storia più appetibile al grande pubblico. La scena centrale è , per esempio, un piano sequenza di 20 minuti circa in cui Bobby Sand rivela a un religioso la sua intenzione di fare dello sciopero della fame come arma estrema  per combattere contro i soprusi inglesi. Per tutto questo tempo la macchina da presa rimane immobile mentre i due protagonisti dialogano , allo spettatore è possibile seguire le parole ma non certo vedere le facce dei due personaggi  che sono riprese nella loro parte in ombra. Anche la scelta di rinunciare a una vera e propria colona sonora si muove nel solco dell'antispettacolarità. Il film è così ricco di silenzi lunghi, snervanti  riempiti solo dall'efficacia delle immagini scavate dei primi piani dei carcerati o dei loro aguzzini o da quelle dei muri della cella imbrattati di sudiciume. Questo modo di fare e concepire il l'opera ricorda da vicino la lezione di un grande maestro del cinema del silenzio, Robert Bresson . Non si può infatti non ricordare vedendo questo film, quello straordinario capolavoro che è Un condannato a morte è fuggito. Come Bresson McQueen scarnifica le immagini, le riduce all'essenziale, priva i corpi dalle protezioni della pelle, del muscoli, del grasso. Un film straordinario, dirompente, tagliente come un bisturi che non fa sconti a niente e a nessuno. Un grande esordio.
Mauro

venerdì 13 aprile 2012

Domande compresione Dr Jekyll Mr. Hyde


Le domande della lettura del romanzo Lo strano caso del Dr. Jeckyll e Mr Hyde di R. L. Stevenson sono state modificate introducendo accanto alle domande relative all'analisi del testo quelle di comprensione. E' possibile scaricare la nuova versione  al seguente indirizzo : http://www.mediafire.com/view/?jhdvb5swggbyzmq

martedì 10 aprile 2012

Recensione: Romanzo di una strage di Marco Tullio Giordana

Non è facile raccontare la storia, soprattutto se la storia è recente e ancora di difficile interpretazione. Si rischia sempre di compiere un'impresa tendenziosa o quantomeno poco rigorosa. .Marco Tullio Giordana ripercorre una delle pagine più dolorose ed oscure della storia italiana del dopoguerra, con il film Romanzo di una strage e fa una scelta precisa, quella , cioè, di raccontare quegli anni, per molti versi bui e oscuri , ma anche estremamente stimolanti, attraverso gli occhi di tre personaggi, che, ognuno a suo modo, saranno vittime dell'assurda logica degli anni di piombo e della strategia della tensione, tre uomini soli e molto diversi tra loro: Luigi Calabresi (Valerio Mastandrea), commissario di polizia, Giuseppe Pinelli (Pierfrancesco Favino), ferroviere ed anarchico, ed Aldo Moro (Fabrizio Gifuni), uno degli ultimi politici di spessore espressi in Italia. L'istanza narrante non prende la parte di nessuna di queste figure ma sceglie di raccontare la vicenda seguendo in qualche modo il filo dell'inchiesta giudiziaria . Ne deriva una narrazione a capitoli dove ognuno dei protagonisti racconta un piccolo pezzo di una storia che si rifrange come in un prisma lasciando che lo spettatore tragga le sue conclusioni. Sono troppe le incongruenze e le difficoltà che impediscono ancor oggi di chiarire i fatti di quegli anni per pretendere di darne un'interpretazione univoca, così la scelta di rinunciare al taglio documentaristico in favore in una soluzione più narrativa risulta senza dubbio efficace . Giordana cerca di ricostruire il clima di quegli anni per portare lo spettatore dentro la logica che mosse passioni e spinte ideali che oggi sembrano così lontane . Le prime scene così ci riportano direttamente in quel clima: il paese paralizzato dagli scioperi e scosso dalla battaglia intorno al riconoscimento della tutela del lavoro; il clima di tensione politica , le celebrazioni della decima flottiglia mas e dei neofascisti capeggiati da Junio Valerio Borghese con il loro carico di eversione , il radicalismo comunista dei Gap guidati da Feltrinelli, le riunioni dei circoli anarchici e i deliri dei neofascisti veneti . Al di là dei fatti della storia ci sono poi le persone. Aldo Moro con la sua intelligenza vigile e garbata che guarda con sgomento a ciò che succede sotto i suoi occhi e che vede crollare in una spirale di odio e violenza reciproca quella speranza di una nuova Italia che era risorta con il dopoguerra. Lugi Calabresi e Giuseppe Pinelli, contrapposti sulle due sponde, ma accomunati da quella sincerità di fondo che hanno le persone pulite e per bene , che finiscono col riconoscere nell’altro la sincerità e a tributargli rispetto. Tutti questi fatti e personaggi vengono poi catalizzati dall'evento principale: la bomba alla banca dell'agricoltura in Piazza Fontana a Milano, la prima di una serie di stragi che insanguineranno nel decennio successivo il nostro paese. La paura del comunismo sembra imporre a membri dell'apparato statale scelte assurde: infiltrare neofascisti tra gli anarchici, sui quali far poi ricadere la paternità degli attentati compiuti dai primi, il tutto orchestrato e armato dai servizi segreti militari italiani sostenuti da quelli americani . Il film di Giordana rappresenta ottimamente il nostro cinema, ben diretto sia nelle ricostruzioni di un’epoca dolente, sia nelle interpretazioni dei vari attori. Un esempio di cinema impegnato e allo stesso popolare, un cinema che sa essere spettacolo che a volte sconfina nel melodramma, senza rinunciare tuttavia al rigore e alla chiarezza di un pensiero o alla profondità delle idee.


lunedì 26 marzo 2012

Il piacere di ragionare: donne amiche, donne nemiche

E' vero che le donne sono spesso le principali nemiche di se stesse? Questo è l'argomento della discussione che affrontano questi testi i quali in varia maniera cercano di spiegare il problema dei rapporti tra donne e provano ad affrontare la questione della difficile condizione femminile nella società odierna. Molti di questi scritti contengono osservazioni non banali e frutto di una personale capacità di analizzare e affrontare la questione, altri si avvicinano all'argomento mantenendo un taglio argomentativo e cercando di spiegare il problema attraverso un corretto uso dei dati e delle citazioni . Cerchiamo di entrare nel cuore del problema affrontandolo attraverso queste letture che come le sfaccettature di un prisma luminoso dalle mille rifrazioni ci permettono di esplorare un universo in continua evoluzione come quello femminile visto attraverso gli occhi sempre attenti dei giovani d'oggi . Buona lettura.

Le donne nemiche di se stesse? 


"Numerose e diverse culture hanno riconosciuto alla donna capacità e ruoli limitati alla procreazione e alla cura della prole e della famiglia. L'emancipazione femminile ha dunque rappresentato, negli ultimi secoli, la ricerca di uguaglianza fra l'uomo e la donna." così dice la celebre enciclopedia on line Wikipedia alla voce “questione femminile”. 
Dal mio punto di vista non vedo particolari differenze tra uomo e donna, siamo entrambi persone e dovremmo avere tutti pari importanza, indipendentemente dal nostro sesso (e non solo quello). 
C'è però da dire che molte persone la pensano diversamente, e vedono la donna come un essere inferiore, o, peggio ancora, come un oggetto. Moltissime donne infatti sono sottoposte a torture familiari da parte dei mariti, e non solamente questo: ogni giorno in qualche parte del mondo decine di ragazze vengono costrette a prostituirsi o vengono molestate e maltrattate. Se vogliamo parlare però di economia e lavoro abbiamo alcuni dati che possono far riflettere: in Italia le donne guadagnano circa il 16,8% in meno rispetto agli uomini, e sono gravate da compiti sempre più insostenibili come conciliare lavoro e vita privata; ben il 76,2% dei compiti familiari infatti è a carico delle donne, mentre negli ultimi anni più di 800 di esse sono state licenziate o costrette a dimettersi per una gravidanza. 
E pensare che le donne sarebbero un grande potenziale per il nostro paese: infatti si diplomano e laureano meglio e di più rispetto agli uomini, ma neppure una su due ha un posto fisso. 
C'è anche da sottolineare il fatto che però molte di loro utilizzano il proprio corpo per trovare lavoro o comunque per fare soldi, e, personalmente, la vedo come una cosa priva di senso. 
Perchè reclamare i diritti delle donne quando poi sono le prime a vendere il loro corpo per un impiego di favore o per un aumento di stipendio? Certo non si possono accusare che lo facciano tutte di propria volontà, ma questo fa pensare a quanto scritto prima: ovvero che le donne sono ancora oggi sottomesse agli uomini e che la disparità tra i sessi esiste tutt'ora, che non è qualcosa di legato al passato ma un problema su cui ancora oggi c'è da discutere animatamente. 
Le donne non sono oggetti con cui giocare, ma esseri umani al pari agli uomini; sono persone sensibili e da trattare con riguardo. Inoltre durante l'8 marzo secondo me, dovremo smetterla di sbandierare la questione femminile come un affare di donne e sottolineare, piuttosto, che si tratta di una questione che riguarda tutti, poiché ha a che fare, più in generale, con i diritti umani. 

Alessandro Marcolin 


L'inimicizia e la solidarietà sono femminili 


Capita molte volte di assistere a delle liti tra gruppi di persone o individui singoli, subito si può pensare che ad andare meno d'accordo siano gli uomini per la loro impulsività e aggressività, ma non sempre è così. Infatti molto spesso si creano delle avversità anche tra le donne, probabilmente i motivi e i modi dello svolgersi del litigio sono diversi, ma sono comunque presenti. A mio parere una donna nella sua vita incontra almeno una volta una nemica o si trova in grande contrasto con qualcuna. Probabilmente molte persone non se ne accorgono per il fatto che l'odio non viene espresso in modi espliciti, ma basta un po' di attenzione nei modi di fare, nelle azioni, nei comportamenti e le parole per capire se tra due donne c'è un rapporto di ostilità o di amicizia. 
Per esempio si vedono delle inimicizie soprattutto nei reality tv, dove molte donne sono obbligate a vivere in una stessa casa e avendo idee diverse non riescono ad andare d'accordo. Questo secondo me succede soprattutto se l'individuo è molto sicuro di se stesso e ha un bisogno frequente di rapportarsi con gli altri esprimendo idee emozioni e riflessioni personali magari non accettate dagli altri o non accettano i pensieri o le critiche delle altre donne. Tutto dipende molto dal carattere e dalla personalità della persona che può essere più riservata oppure più sicura di sé, estroversa e avere bisogno di essere sempre al centro dell'attenzione e nel caso dell'adolescenza di essere la prima del gruppo o la più popolare, creandosi delle nemiche. La cosa sicura è che la maggior parte delle donne ha una gran forza di volontà e delle idee e principi molto forti. Quindi è difficile, quando prendono una decisione o quando si pongono come meta un obiettivo sviarle da quella strada facendo cambiare loro idea. Proprio per questo motivo a mio parere c'è sempre una certa rivalità che può variare: può essere una semplice competizione tra amiche o una vera e propria guerra tra nemiche. 
È anche vero che le donne sanno essere molto solidali in caso di bisogno e se vogliono possono mettere da parte la rivalità e per un momento essere buone amiche soprattutto se per una causa comune. Nonostante tutto, questa solidarietà che può venirsi a creare tra nemiche scompare appena si raggiunge un obiettivo comune ed è comunque una finzione, mentre l'amicizia intensa e senza interessi o un minimo di disprezzo verso l'altra donna è abbastanza rara. 

Marta Miatello 



Rivalità tra donne? Perchè no? 


Rivalità tra donne? Certo che sì. Non è sicuramente un fatto stimabile, ma ogni donna,per quanto poco,prova ostilità nei confronti del suo stesso sesso. È d’altra parte nota l’indole femminile nell’essere più o meno protettiva nei confronti di ciò che la riguarda,anche indirettamente. 
Le donne possiedono un loro ‘regolamento’,vigente da generazioni e mai tramandato, adattato ad una serie di comportamenti e situazioni in cui ognuna deve sapere come comportarsi rispettandone i principi. In alcune circostanze ciascuna tende ad essere cauta e prevenuta nel conoscere e frequentare altre donne, soprattutto se queste potrebbero rappresentare una minaccia per il suo quieto vivere in un contesto che va dal lavoro alla vita privata. Quando sono portate a conoscere e convivere in qualche maniera con un’altra donna tendono ad analizzarla e a studiarne i comportamenti:se rientra nei canoni del suddetto regolamento si adagiano,instaurando un rapporto più o meno confidenziale altrimenti si crea inizialmente una situazione di evidente disappunto che evolve in ostilità e antipatia e sotto quest’aspetto ogni donna sa dare del proprio meglio. 
La causa di ciò è legata al fatto che cercano di preservare quello che è il proprio ‘mondo’,le persone che più stanno loro a cuore,la carriera o le passioni. Certo è che molte volte l’istinto protettivo che le caratterizza è esagerato e si concentrano sulla prima apparenza,spesso sufficiente per ‘contrassegnare’ chi hanno di fronte. Tutt'altra cosa si potrebbe dire nel caso in cui l’immagine della donna viene screditata mi riferisco in particolare alla questione femminile con il riemergere del discusso argomento,ancora sospeso in molti Paesi,della parità dei sessi. Abbiamo la testimonianza storica di rivolte femminili,come la lotta per il suffragio per le donne o per i diritti umani sostenuti dall’ONU,che dimostrano la forza indissolubile della coalizione femminile. 
La rivalità tra donne è una questione antica,c’è e ci sarà sempre e,come quest’ultima non è mai evoluta,tale resterà il legame di complicità che le lega. Le inimicizie ci aiutano a crescere,a sentirci più protette e a decidere chi e come vogliamo essere ;la criticità fa e farà sempre parte dello straordinario essere donna. 

Beatrice Nichele 


La forza del sesso debole 


La donna è un essere particolare. È in grado di fare, pensare, giudicare, programmare molte cose allo stesso tempo, avendo spesso la presunzione che la maggior parte di queste le riusciranno bene e che capiterà solo poche volte che si dimentichi qualche piccolo particolare. Ma la stessa donna è anche capace di distruggersi da sola, senza il bisogno che nessun altro faccia qualcosa o, semplicemente, ne venga coinvolto. Ciascuna donna è la propria migliore nemica perché in certe situazioni in cui non riesce a spiegare agli altri il motivo della sua tristezza, spesso legato a dei sentimenti o a dei fatti che lei non riesce ad esternare, continua a pensarci,e facendo ciò si rattrista continuamente. Una caratteristica della donna è quella di essere perfezionista, anche se a modo suo, ma questo carattere può farla diventare la sua migliore nemica. Ne è un esempio la donna che, presa dallo shopping, e avendo finalmente provato un vestito che le sembra perfetto, si accorge dei lati negativi del suo aspetto, ne fa un’ossessione e riesce a farsi mille problemi ed a stare male per quelle che a volte sono delle sciocchezze. 
La cronaca di questi tempi parla spesso di stupri e violenze di vario genere sulla donna, con conseguenze per questa talvolta assai pesanti tanto da compromettere il suo equilibrio psicofisico e talvolta anche la vita stessa. Molte di queste donne che subiscono tali violenze, sono spesso costrette a tacere per paura di ricatti o del giudizio della gente. Ecco quindi che, il non volere o non essere in grado di denunciare il sopruso o la violenza porta ad una doppia sofferenza; la prima in quanto il nemico non viene punito e la seconda in quanto la vittima si trova a dover subire il male provocato dal suo silenzio. Nelle storie sentimentali la donna è generalmente più romantica dell’uomo, più analitica, crede nel principe azzurro, investe molto nel rapporto di coppia, spesso sacrifica la carriera per la famiglia. La fine di una relazione la vede spesso come la parte debole in quanto, specie se ci sono figli, si trova il più delle volte da sola a doverli gestire, seguirli nell’educazione e nelle loro scelte, ma deve riuscire a fare tutto ciò mantenendo il suo lavoro. In alcuni paesi o in alcune situazioni di degrado economico o culturale, la donna è sottomessa all’uomo, ha poca autostima, e questo fattore condiziona la sua vita in quanto è lei stessa che si preclude delle possibilità, si auto esclude da determinate situazioni e quindi si condanna all’infelicità. 
Se la donna può diventare la migliore nemica di se stessa, è anche vero che è in grado di essere la migliore amica di altre donne. La solidarietà, la generosità, e l’aver condiviso lo stesso tipo di dolore o di inganno, genera una grande sensibilità ed una grande capacità di offrire agli altri la parte migliore di loro stesse. 

Valeria Piccitto 


 La rivalità tra donne 


E' ormai nota a tutti la competizione che si viene a creare tra donna e donna cosa invece che non si presenta, o si presenta in modo relativo tra gli uomini. Ma qual è la causa di questa rivalità? Fin dall'antichità la donna veniva considerata come colei che doveva essere in un certo senso sottomessa dall'uomo. Il capo famiglia era rappresentato dalla figura paterna, nel caso in cui la moglie subisse un adulterio, veniva lei stessa ripudiata pur non avendo "colpe", nella società erano escluse o giocavano comunque un ruolo di poca rilevanza. Le donne, per raggiungere in un certo senso un'uguaglianza sociale hanno dovuto lottare e ancora oggi sono costrette a farlo, un esempio scontato che ce lo dimostra è il difficile rapporto tra la donna e il mondo del lavoro. Da alcuni decenni la donna è infatti alla ricerca di una realizzazione professionale lavorativa che possa renderla in un certo senso indipendente, ma d'altra parte cerca di riuscire a conciliare alla sua carriera, la crescita e il mantenimento di una famiglia. Un posto di lavoro ottenuto risulta per loro un successo personale di rilevante importanza ma questo non avviene in modo così immediato come lo è per un uomo. Il fatto che una donna abbia la necessità in un determinato periodo di abbandonare il suo lavoro per maternità rappresenta per il datore di lavoro un disagio specie in questo periodo di difficoltà economica. Così la donna viene scartata e viene preferita la figura maschile che prenderà, come avviene la maggior parte delle volte, il suo posto. La rivalità nasce dal fatto che le donne hanno sempre dovuto lottare per aggiudicarsi una posizione all'interno della società e quando riescono a raggiungerla la custodiscono con gelosia. 
Oggi giorno la rivalità tra donne si evidenzia ancora di più. Alcuni psicologi spiegano che questa competitività è presente sin dall'infanzia tra il rapporto madre-figlia per cercar di conquistare l'amore del padre pur essendo questo un concetto sostanzialmente banale. La rivalità tra uomini esiste, di questo son convinta, ma questa si dimostra in modo plateale a confronto di quella che emerge tra donne con uno sfondo di rabbia, è la voglia, che spesso viene frenata, di emergere che scatena la gelosia delle donne. Oggi la televisione, internet ci mettono di fronte ad un mondo dove l'importante è emergere, ma cosa emerge? l'intelligenza o la bellezza? nel mondo della TV la rivalità si gioca sul fisico, sull'aspetto e molto poco sull'intelletto che dovrebbe svilupparsi tramite quello che è il paradigma della televisione ossia l'informazione, ma questo conta gran poco e il tutto lo spettacolo televisivo finisce per diventare un mondo in cui l'importante è apparire, ecco perchè al giorno d'oggi la rivalità è facilmente evidenziabile. 
Nella ricerca della sua affermazione personale la donna nutre così la necessità di farsi spazio tra le altre con una rivalità nata dal progressivo sviluppo della società e dell'identità femminile che nel corso del tempo ha voluto emergere ravvicinandosi sempre di più all'universo maschile. 

Sara Viasanti

giovedì 22 marzo 2012

Software per realizzare questionari

E' possibile scaricare dal link http://www.mediafire.com/?hmu47cib8je1uan un programma utile  per fare questionari a risposta multipla e altri tipi di test, il funzionamento è molto semplice e intuitivo. Una volta scarica e installato il programma lo si apre e si entra nella sezione Potatoes che è la seconda presente nel menù in altro . Cliccando sopra potatoes compaiono una serie di icone colorate, se volete fare quiz a risposta multipla scegliete quella in cui è scritto Jquiz . A questo punto siete pronti per iniziare ad elaborare il vostro questionario. Date un titolo al questionario riempiendo il campo bianco a fianco della sezione titolo, sotto di esso vi è un altro campo bianco con a fianco Una D maiuscola, lì dovete mettere la domanda e nella colonna risposta le varie risposte possibili. Per passare alla domanda successiva basta andare sopra le frecce a fianco del numero 1, che si vede in alto a sinistra, e selezionare il numero 2 e così via per ogni domanda a risposta multipla che volete creare . Una volta terminato il questionario, nel caso voleste esportarlo in formato testo è sufficiente entrale nel menù in altro cliccando sopra File e scegliendo la funzione Esporta per stampa presente nel menù a tendina il file verrà copiato nella sezione appunti di Windows pronto per essere incollato su Word. Buon lavoro.
Mauro

mercoledì 14 marzo 2012

Il piacere di ragionare :Tatuaggio o tabù?


La realtà non è mai neutra, ma si offre sempre a una serie di molteplici e svariate interpretazioni in contrasto tra di loro. Il piacere di ragionare vuol essere un'agile rubrica che dibatte su alcune questioni relative  alla nostra attualità non con la pretesa di cercare la verità, ma con lo scopo di dare vita al gioco complesso delle interpretazioni del mondo e sul mondo che oggi giorno viviamo. Apro con questi due interventi sul tema del tatuaggio e della moda di disegnasi segni sulla pelle in voga soprattutto tra i giovani. Le opinioni riportate sono quelle di due ragazze che sostengono due opposti punti di vista. La prima ritiene che non sia opportuno ricorrere alla pratica del tatuaggio per manifestare se stessi o la propria personalità. La seconda invece affronta in modo appassionato la questione ritenendo che il tatuaggio sia un segno distintivo di riconoscimento e appartenenza dal quale non si può prescindere. Ai lettori non si chiede un verdetto sulla verità delle due tesi, ma sulla capacità persuasiva di chi le ha sostenute facendo uso della sezione commenti presente sotto il post. Buona lettura.                        

Meglio raccontarsi a parole che tatuarsi di Giovanna Sabbadin

Le motivazioni per cui oggi ci si fanno dei tatuaggi  sono molto distanti da quelle che una volta spingevano un individuo a segnarsi la pelle per rendersi  membro  di una determinata tribù o di una comunità. Tali forme artistiche avevano legami più intimi relativi a convinzioni religiose, spirituali e magiche. È solo con gli anni ’60-80 con il dilagare della controcultura giovanile  che il tatuaggio affascina chi sceglie di stupire e porsi in alternativa alla mentalità comune, ricordiamo i punk e i bikers per i quali segnarsi la pelle era espressione di ribellione sociale e rabbia contro la società dei padri . Oggi ci si tatua per tirare fuori quello che si ha dentro o per mettere in mostra qualche parte del proprio corpo. Tatuarsi per esprimere se stessi attraverso un simbolo è ammirevole e talvolta complicato. Personalmente non riuscirei a trovare una sola immagine che mi rappresenti, preferisco raccontarmi a parole. Farsi un tatuaggio per mettere in evidenza una parte del proprio corpo è una sciocchezza poiché può succedere che dopo un periodo di tempo non si abbia più interesse a farsi notare, ma il tatuaggio rimane. 
Sono convinta che per fare conoscere agli altri le nostre emozioni non abbiamo bisogno di imprimere un disegno sul nostro corpo, ma basta comunicare a parole semplicemente e sinceramente i nostri sentimenti. Certamente chi è interessato a conoscerci saprà cogliere quello che abbiamo dentro. 

Il tatuaggio non è una moda passeggera di Alice Baldini

Il tatuaggio al giorno d’oggi è per lo più visto come una moda o qualcosa di passeggero, ignorando che dietro di esso possano esserci diverse motivazioni e storie. Quella del tatuaggio è una moda molto discussa che ha preso piede molto rapidamente ai giorni d’oggi, benché il tatuaggio di per sé abbia origini antiche. La domanda di molti però rimane la stessa: sì o no al tatuaggio? In primo luogo, ritengo che il tatuaggio non sia esclusivamente dettato dalla moda, qualunque cosa ne dica la gente. Io penso che spesso le persone siano frenate dal fatto che si pensi esclusivamente ad un possibile e futuro pentimento, cosa che a mio parere non dovrebbe accadere, perché se si ha davvero la convinzione di voler fare qualcosa, la si fa.In secondo luogo, credo che un tatuaggio possa assumere diversi aspetti a seconda di come le persone interpretano la questione . Infatti il tatuaggio può essere visto come un abbellimento del proprio corpo, come lo sono i trucchi per il volto o le tinte per i capelli, anche se si tratta di un abbellimento molto più radicale, in quanto rimane indelebile sulla tua pelle. In terzo luogo, penso che il tatuarsi un simbolo, una data, una frase o qualunque cosa sulla propria pelle sia un modo di espressione. Il tatuaggio che viene usato come espressione di se stessi, un messaggio nascosto di noi che vogliamo far trasparire agli altri attraverso quel segno . Non quindi più semplice e pura moda, ma vera e propria arte sulla pelle per esprimere la nostra corrente di pensiero e urlare al mondo che non siamo marionette influenzabili dalla società o da una semplice moda passeggera. Un modo qualsivoglia artistico per dimostrare al mondo che noi ragioniamo con la nostra testa e non siamo soggetti ad influenze o ai condizionamenti altrui.
In conclusione, devo dire che per me la pratica del tatuaggio va oltre la semplice moda e che sarei favorevole a farmene uno.

sabato 3 marzo 2012

Intervista a Napoleone Bonaparte

Maestà, sono passati circa 182 anni dalla sua morte. Si interessa ancora alle umane vicende, da lassù?
 Certamente, uno sguardo all’umanità in notevole degrado lo rivolgo sempre. Noto con piacere che i ragazzi mi maledicono circa una decina di volte al giorno perché costretti ad imparare a memoria date e vicissitudini della mia breve vita su questa terra, ma noto con altrettanto piacere che nessuno riesce ad uguagliare le mie doti da condottiero, pochi uomini potenti ambiscono farlo ma senza alcun risultato!
 A proposito, ma esattamente dove si trova, in paradiso dove la vorrebbero i suoi ammiratori o all’inferno dove la immaginano i suoi nemici d’un tempo?
 Purtroppo il creatore non mi ha riservato un posto molto favorevole. Sono costretto a camminare ininterrottamente in un posto in cui il giorno e la notte non esistono, non so dove mi trovo e la gente è ostile! Il mio cavallo bianco purtroppo non è con me, non so cosa ne è stato di lui ma sicuramente mi farebbe piacere avere al mio fianco l’unico vero amico che forse ho avuto!
 Lo credo bene. In effetti ai suoi tempi c’è chi non esitò a definirla un tiranno Allora perché ce l’avevano tanto con lei?
 Dicevano che io amassi solo il potere e la gloria, che della mia popolazione mi importasse ben poco. Dicono che abbia derubato l’Italia delle sue opere d’arte più importanti e delle sue ricchezze storiche e patrimoniali, i maligni inoltre dicono che una volta divenuto imperatore dei francesi, quando infine sono caduto ho lasciato la Francia più piccola di come l’avevo trovata. Menzogne! dal mio punto di vista  più insignificanti delle stesse persone da cui le sentirete.
 Però ammetterà che il suo progresso si è diffuso sulla punta delle baionette.
 Ho fatto ciò che andava fatto!
 Ecco, parliamo un momento del modo in cui andò al potere; fu un colpo di Stato, non potrà negarlo.
Iniziai a farmi notare organizzando la riconquista del porto di Tolone (che si era riconsegnato agli inglesi). In seguito Barras mi affidò la repressione dell'insurrezione monarchica scoppiata il 5 ottobre 1795 e fu proprio questo servizio reso alla Convenzione termidoriana che mi valse il comando dell'armata di Italia che, benchè poco numerosa e male equipaggiata, riuscì a conseguire una serie di strabilianti successi nella vostra penisola, Il 18 fruttidoro 1797, in seguito alla vittoria della destra monarchica, mi coalizzai con Barras e gli altri membri repubblicani del Direttorio per attuare un colpo di Stato. In seguito, il 18 brumaio 1799, in seguito alla rovina del Direttorio, fu organizzato un altro colpo di stato militare, sempre con il mio accordo ovviamente. I pieni poteri furono affidati a tre consoli, Ducos, Sieyes e a me, che realizzai così la mia ascesa al potere. Ogni volta mi commuovo nel raccontare la mia gloriosa vita, sono soddisfatto, appagato dal mio passato!
 Che ricordo ha del suo esilio all’isola d’Elba?
 ​Ero distante dalla mia famiglia e quindi se mi chiede quale ricordo ho di quel posto non posso far altro che abbassare lo sguardo ricordandolo con rammarico, mi sembra che sia ancora vivo in me  il senso di solitudine che provavo. Mi sentivo un granello di sabbia su una spiaggia, un uomo solo e abbandonato di cui a nessuno importava un granchè, dovevo tornare nella mia terra perché all’umanità avevo ancora tanto da dare! Distante da casa mia però avevo ritrovato me stesso, un Napoleone diverso,  sensibile e vulnerabile che la domenica sera stava volentieri davanti al caminetto di casa sorseggiando una buona tisana.
 Non le sarebbe convenuto finire i suoi giorni all’Elba?
 Forse sì, ma non amo i verbi al condizionale, quel che ho fatto ho fatto e sinceramente penso che la mia carriera come è iniziata con un’impresa con tale impresa doveva finire!
 C’è qualche cittadino dell’isola d’Elba che a distanza di quasi due secoli ricorda con affetto?
 L’artigiano Giuseppe Legnoso. Mi ricordo benissimo di quell’uomo, lo porto nel mio cuore come un fratello! Non conosceva il mio nome, ma mi ha trasportato nel suo mondo, mi ha insegnato l’arte del falegname, mi ha portato nella sua bottega facendomi conoscere i clienti abituali con cui trascorreva le domeniche pescavamo insieme nel laghetto vicino a casa conversando. E’ uno dei pochi amici sinceri che nella mia vita posso dire d’aver incontrato.
 L’Europa di oggi è molto cambiata rispetto ai suoi tempi. Come vede l’Europa adesso?
 Poche parole posso dire sull’Europa di adesso. Il mondo sembra girare al contrario, le persone che sono al potere non svolgono il loro lavoro come dovrebbero. Se ci fossi io  sarebbe tutt’altra storia, le cose andrebbero per il verso giusto e il popolo non avrebbe continuamente così tanto da ridire sul governo, credo.

Eleonora Marostica