sabato 31 dicembre 2011

Recensione: Io sono Li di Andrea Segre

Io sono Li è uno di quei film la cui visione ripaga per intero il costo del biglietto e in periodo di feste e svaghi natalizi e di capodanno aggiunge alle nostre vacanze spensierate una nota di lieta e amara riflessione. Dispiace solo che opere di giovani registi italiani di questa qualità vengano relegati in orario tardo da ultimo spettacolo e che nella sala ci siano poche persone , mentre la massa degli spettatori preferisce riversarsi a godere film girati sicuramente con budget e supporto pubblicitario di maggior spessore , ma molte volte di dubbio gusto. 
Io sono Li è l'ultima fatica del regista padovano Andrea Segre , è stato proiettato all'ultima edizione della Mostra cinematografica di Venezia raccogliendo numerosi apprezzamenti. L'opera si avvale di un cast di attori veramente affiatati: dalla bravissima Zhao Tao fino a Rade Sherbedgia, Marco Paolini e Giuseppe Battiston. Protagonista della storia è Shun Li, una giovane ragazza cinese che confeziona quaranta camicie al giorno per pagare il debito e i documenti che le permetteranno di riabbracciare suo figlio. Impiegata presso un laboratorio tessile, viene trasferita dalla periferia di Roma a Chioggia dove è incaricata di fare la barista dell'osteria ‘Paradiso', qui Shun Li impara l'italiano e gli italiani. Malinconica e piena di grazia trova amicizia e solidarietà in Bepi, un pescatore slavo da trent'anni a bagno nella Laguna. Poeta e gentiluomo, Bepi è profondamente commosso dalla sensibilità della donna di cui avverte lo struggimento per quel figlio e quella sua terra lontana. La loro intesa non sfugge agli sguardi limitati della provincia e delle rispettive comunità, che mettono bruscamente fine alla loro sentimentale corrispondenza. "Io sono Li" è un punto di sintesi del mio percorso registico nell’ambito del cinema-documentario" ha dichiarato il giovane regista padovano . E’ un racconto nato dal ricordo di una donna cinese che lavorava in una tipica osteria veneta: "Il ricordo di questo volto di donna così estraneo e straniero in questi luoghi ricoperti dalla patina del tempo e dall'abitudine, non mi ha mai lasciato". Un film quindi sull'incontro di due persone che, per quanto provengano da culture e da mondi diversi, scoprono di essere accomunate dalla solitudine del vivere. Shun Li e Bepi si accorgono che il paesaggio della laguna veneta, in fin dei conti, assomiglia incredibilmente al paesaggio del mare della Cina e che i pescatori cinesi usano le stesse tecniche di pesca usate nella laguna . Io sono Li non è solo quindi un'affermazione di esistenza, ma anche la storia della ricerca di una identità perduta e mai dimenticata. La ricerca di Shun Li che aspetta con ansia l'arrivo del figlio dalla Cina ; la ricerca di Bepi, il vecchio pescatore di Pola che vive la sua estraneità rispetto a un figlio che vorrebbe tutelarlo ma finisce involontariamente per ucciderlo. Al di là della tematica esistenziale, tuttavia l'opera propone alla riflessione anche un discorso sociale mai scontato e banale su tematiche di attualità quali l'integrazione e il riconoscimento del diverso. Il tutto ambientato in una terra come il Veneto che ha alle spalle una storia secolare di integrazione della diversità , ma che in questi anni si è distinta per uno sviluppo economico esasperato ed egoistico incarnato nel film dal personaggio di Davis che pensa solo ed esclusivamente ai “schei” e non è in grado nè di educare suo figlio, nè  di capire la discrezione e la sottile amicizia che intercorre nel rapporto di Bepi con la ragazza cinese. 
Nel film forse si respira l'aria di un Veneto antico, fatto di osterie di “ombre” bevute insieme al tavolo mentre si gioca una partita di carte, di chiacchiere e piccoli scherzi camerateschi, ma forse quel Veneto era portatore dei valori di solidarietà e amicizia che si sono sbiaditi ai giorni nostri e che  raramente si possono trovare nei rampanti centri commerciali che sorgono nelle città dell'entroterra. Questo sottile filo di malinconica nostalgia , sfumato nelle sottili nebbie della laguna, percorre tutta l'opera che mantiene sempre salda la barra di uno stile che si disimpegna tra il racconto e le migliori qualità documentaristiche . Viene facile fare dei raffronti con la grande tradizione neorealistica del cinema italiano, con i personaggi di "Roma città aperta" o con  i pescatori de “La terra trema” di Luchino Visconti , d'altronde in questi anni stiamo assistendo  nel migliore cinema italiano a un bisogno sorgivo di recupero di quel senso della realtà  che si era smarrito dopo decenni ubriacature edonistiche e consumistiche. Lo stile scarno e quasi documentaristico di questa opera non fa eccezione , stile esaltato dalla registrazione in presa diretta e dalla scelta del regista di lasciare parlare i personaggi nella loro lingua d'origine e nei loro dialetti, preferendo i sottotitoli a un pessimo doppiaggio in lingua italiana 
"Io sono Li" insomma è una storia dolce e amara, senza lieto fine, ma in cui, nonostante tutto, vive una forte speranza per il futuro. 

Giudizio: Assolutamente da vedere


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