lunedì 12 dicembre 2011

Recensione: Midnight in Paris di Woody Allen

Cosa potrebbe succedere se improvvisamente i nostri sogni diventassero realtà? Se i miti letterari della nostra giovinezza si presentassero davanti a noi in carne ed ossa e noi potessimo parlare con loro di letteratura di arte ma anche e soprattutto di vita? E' ciò che accade a Gil , protagonista dell'ultimo film di Woody Allen, Midnight in Paris. Gill, irrinunciabile alter ego di Allen, a seguito di una vacanza a Parigi si trova a desiderare così intensamente di rivivere la straordinaria atmosfera della Parigi anni 20 che lui ha conosciuto attraverso i libri e visto nei quadri e nei film dell'epoca , che , in maniera del tutto inaspettata, finisce per abbandonare il suo presente e per ritrovarsi a una festa con Scott Fitzgerald , a bere con Hemingway, a far leggere il suo tribolato romanzo a Gertrude Stein, a innamorarsi della musa di Picasso e a disquisire della paradossale situazione che vive con i surrealisti Dalì, Man Ray e Bunuel . Così facendo, saltando avanti e indietro nel tempo, realizza gradualmente tutte le insoddisfazioni professionali e sentimentali del suo presente e ritrova se stesso e la sua vera personalità . 
Certo, non c'è nulla di nuovo rispetto alle opere precedenti, Allen sembra sempre un po' fare il verso a se stesso, ma rispetto alla deludente prova di Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni ritrova lo smalto che sembrava perduto. Il film è da un lato una presa di coscienza della necessità di fuggire dal presente per rifugiarsi in un mondo di emozioni fantastiche e idealizzate, dall'altro , è presente la costante consapevolezza che non si può in alcun modo sfuggire alle necessità che il mondo ci impone . Allen si esercita, lungo tutta l'opera in un raffinato esercizio di stile, ricco di citazioni, evidenti sono quelle tratte da Bella di Giorno di Bunuel , opera che fornisce un po' l'intelaiatura di questo sogno ad occhi aperti che Gil vive insieme allo spettatore. Come nei films di Bunuel infatti, anche in Allen, realtà e sogno , immaginazione e presente finiscono per fondersi in un tutto inscindibile . Nella Parigi degli anni Venti Gil trova tutto quel che desidera, e per questo nei suoi ritorni alla realtà trova la forza e il coraggio per vedere quel che negava: un rapporto insoddisfacente con la sua fidanzata, un tradimento chiaro ma ignorato troppo a lungo , il suo progressivo sottomettersi ai voleri della bella Adriana nel nome di un pragmatismo borghese che risulta essere alla lunga triste e insopportabile. In una scena del film Allen fa dire a Gertrude Stein che l'artista non è colui che fugge, ma colui che con la sua opera cerca di dare senso e speranza di fronte all'insensatezza dell'esistenza. Forse questa è la conclusione a cui ci vuole portarci nel suo gioco narrativo il regista . La realtà non è un sogno, ma sognare aiuta a vivere.

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