lunedì 2 dicembre 2013

Prisoners di Denis Villeneuve

Privo di un lancio in grande stile, questo film rischia di essere il miglior thriller del 2013.
Diretto dal canadese semi-sconosciuto Denis Villeneuve ci porta nell'America rurale fatta di case di legno sul vialetto verde e del Giorno del Ringraziamento, ma anche di fucili e pistole in ogni casa, furori e sette religiose, sparizioni di bambini . 
Prisoners segue il tormento di Keller Dover , un uomo che si trova a vivere il peggiore incubo per un genitore: sua figlia di sei anni, Anna, scompare insieme alla sua amica Joy e mentre i minuti diventano ore, il panico prende il sopravvento. L’indizio principale è un camper fatiscente parcheggiato nella loro strada. A capo dell’investigazione, il Detective Loki arresta il suo proprietario, Alex Jones , ma la mancanza di prove lo costringe al suo rilascio. La polizia sembra sempre più impotente nel risolvere il caso e così a Keller non resta altra scelta se non farsi giustizia da solo. 
La vicenda narrata è una storia oscura, misteriosa e ricca di tensione. Una storia dove il confine tra la ricerca di giustizia e la sete di vendetta è molto sottile. Tanto la struttura narrativa congegnata dallo sceneggiatore Aaron Guzikowski, quanto la trama del visibile strutturata da Villeneuve sfruttano solo in apparenza gli elementi del thriller e dell’horror, lavorando piuttosto sul loro riflesso. Nel film tutti gli eventi salienti vengono deliberatamente elisi, costringendo lo spettatore a lavorare in funzione di una continua sutura della narrazione.
Nelle prime sequenze i riflessi appannati degli specchietti retrovisori del furgone di Keller e del camper di Alex, sono immagini ricorrenti che invitano lo spettatore a vedere “oltre la finzione”. Tutto il film è intessuto infatti di un forte sotto testo simbolico, che riflette le abitudini e i valori di una società puritana, d’impianto patriarcale: i crocifissi; i canti religiosi, “il Padre Nostro”, recitato da Keller, durante l’uccisione di un cervo da parte del proprio primogenito nella scena iniziale e ripetuto durante le torture inflitte ad Alex, il simbolo del labirinto disegnato compulsivamente dal presunto colpevole del rapimento e raffigurato sul ciondolo del defunto marito di Holy membro di una misteriosa setta, sono tutti elementi che ci rimandano al significato simbolico della vicenda. 
L'intera storia può essere interpretata anche come una metafora di alcune contraddizioni della società americana, una società dove il rapporto fra i cittadini e la legge è dominato dalla sfiducia e lascia spesso spazio alla voglia di "giustizia privata" dell'uomo qualunque. Tutti i fondamenti sociali, tanto la devozione religiosa, quanto la mascolinità del capofamiglia, sono nel film minati dalle fondamenta. La legge del padre sicuro di se stesso e del proprio ruolo, incarnata dal personaggio di Keller, decade di fronte all’evento luttuoso, che non riesce ad essere elaborato in seno alla famiglia. La sottrazione della figlia rende il padre insicuro, ne mette a nudo l’istinto pulsionale di morte e spiana la strada alla degenerazione rappresentata dal desiderio di farsi giustizia da sé . 
In questo labirinto apparentemente senza uscita  tutti i personaggi mettono in scena il proprio doppio smarrito nel quale  sono intrappolati : Keller, annaspa nel tentativo di riscattare il suicidio del proprio padre; Holy, ha perso la fede in seguito alla morte del figlio; il detective Loki, irascibile e solitario, è stato a sua volta bambino abbandonato .Il film è in grado di offrirci la visione di un'America diversa, lontana anni luce dalla vita culturale di New York e dal sole di Los Angeles. In questa oscura provincia americana gli uomini vivono attaccati a delle certezze etiche e morali che, per assurdo, determinano e amplificano, in caso di crisi, le loro debolezze, le debolezze di una società che si attacca ancora disperatamente a dei valori , ma che non sa reagire adeguatamente quanto questi sono messi in discussione  dalla evidenza  crudele della realtà.

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