mercoledì 4 maggio 2011

Recensione: Il cigno nero di Darren Aronofsky


Titolo originale: Black swan
Nazione: USA
Anno: 2010
Genere: drammatico, thriller
Durata: 1h43m
Regia: Darren Aronofsky
Sceneggiatura: Andres Heinz, Mark Heyman, John J. McLaughlin
Fotografia: Matthew Libatique
Musiche: Clint Mansell
Cast: Natalie Portman, Vincent Cassel, Mila Kunis, Barbara Hershey, Winona Ryder, Benjamin Millepied, Ksenia Solo, Kristina Anapau, Janet Montgomery, Sebastian Stan, Toby Hemingway, Sergio Torrado, Mark Margolis, Tina Sloan

Dopo the Wrestler Darren  Aronofsky, talentuoso regista neyorkese, si cimenta con il mondo del balletto ne Il cigno nero, un thriller psicologico ricco di effetti che mette in scena  le gelosie, le difficoltà e le gioie del  mondo del ballo . L'opera è stata a lungo candidata per un premio Oscar ad è  un incubo vissuto ad occhi aperti che ci trascina assieme alla  protagonista in un estenuante e devastante percorso dove realtà e sogno si sciolgono in un’antitetica entità. Nina è una ballerina professionista la cui vita è del tutto assorbita dalla danza e psicologicamente dominata dalla figura della madre, una ex ballerina che esercita su di lei un controllo soffocante. Quando il direttore artistico del teatro decide di rimpiazzare l'etoile per il balletto d'apertura della stagione: Il lago dei cigni, la sua scelta cade proprio su Nina la quale è perfetta per il ruolo del cigno bianco, aggraziato e innocente, ma troppo fredda e ossessiva per interpretare al parte del cigno nero, astuto e sensuale. Lily, invece , una ballerina del corpo di ballo del teatro, sebbene non sia tecnicamente molto dotata, ha tuttavia le caratteristiche emotive per incarnare tutti e due i personaggi. Nasce così una serrata competizione tra le due rivali che metterà Nina in contatto con il suo lato oscuro.
Il tema del film è evidentemente quello del doppio , lo scontro tra il cigno bianco e il cigno nero, tra Nina e Lily è nello stesso tempo uno scontro tra le due anime di Nina che si sente sempre più limitata dalle sue ossessioni di perfezione e dalla figura della madre. Sono parecchie le inquadrature nella pellicola che rimandano a questa idea grazie all'uso sapiente degli specchi che sdoppiano le immagini della protagonista in parecchie situazioni come, ad esempio, nel caso delle prove del balletto o del finestrino della metropolitana nel quale la figura della protagonista viene ricreata dalla sua immagine riflessa.
Per altri versi il film lascia molte questioni irrisolte . Aronofsky sceglie di approfondire in maniera privilegiata alcuni aspetti della vicenda trascurandone, a mio parere, altri. Concentra infatti l'attenzione dello spettatore sul risvolto erotico della storia. Nina è una ragazza ingenua, sessualmente repressa che ha trascurato i rapporti con l’altro sesso per troppo tempo, perdendo contatto con le emozioni, in una continua ricerca di estenuante perfezione personale. Tuttavia piuttosto irrisolto sembra il nodo del rapporto con la madre oppure i motivi che spingono la protagonista a grattarsi fino a provocarsi dolorose ferite . Nel film è presente una una fitta tela di citazioni cinematografiche tratte in particolar modo dall'opera di David Lynch, maestro nel costruire ossessive proiezioni visive delle ansie dei personaggi che inducono nello spettatore stati di terrore ansiogeno , ma sembrano chiari anche i riferimenti ad un certo cinema oscuro e psicologico di De Palma e Polanski.
Nulla di nuovo quindi. Un'opera che , per quanto godibile e ricca di effetti truculenti, è nel complesso abbastanza prevedibile nel suo svolgimento tematico anche se senza dubbio molto coinvolgente per lo spettatore. Insomma, per citare le parole scritte da Lietta Tornabuoni su La Stampa del 2 settembre 2010 : “un pasticcio, ma niente affatto male”.
Mauro Peruzzo

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